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foto di repertorio

PIEDIMONTE MATESE / ALIFE / RAVISCANINA – Usura e minacce, tutti condannati. Ecco i nomi e le decisioni del giudice

PIEDIMONTE MATESE / ALIFE  / RAVISCANINA – Usura ed estorsione, tutti condannati. Inoltre dovranno risarcire i danni (da quantificarsi in sede civile) alla vittima. Il giudice ha inflitto agli imputati – due commercianti  e un casalese – 3 anni e 8 mesi si reclusione. Secondo l’accusa andarono in rovina titolare del ristorante “I quattro venti” sito a Raviscanina, per un prestito di oltre centomila euro che avrebbe dovuto essere saldato con un finanziamento. Le condanne sono a carico di Michelangelo Gentile di Alife (3 anni e 8 mesi) titolare della pescheria “La Sirena”; Luigi Robbio di Piedimonte Matese (3 anni e 8 mesi) fornitore del ristoratore;  Renato Corvino di Casal di Principe (3 anni e otto mesi). La difesa era affidati agli avvocati Mirella Baldascino, Michele Mozzi e Giuseppe Stellato.  La parte lesa, Giovanni Russo si è costituito parte civile assistito dall’avvocato Goffredo Grasso
I fatti del processo vanno dal 2004 fino al 2007, fino al momento in cui Giovanni Russo, proprietario del ristorante, sentitosi minacciato e temendo per sé e per la sua famiglia si decise a denunciare i fatti. Gentile venne fermato dai carabinieri nel momento in cui si presentò da Russo minacciandolo di morte se non avesse rispettato i pagamenti.  La misura cautelare scattò anche per gli altri due imputati. A Russo ormai non restava più nulla da perdere. L’unico bene, il ristorante che serviva per il sostentamento della sua famiglia era andato in malora per un finanziamento che non era arrivato. Russo aveva deciso di ampliare la sua attività investendo tutti i suoi soldi nella ristrutturazione dei locali. Aveva chiesto per fare questi lavori un finanziamento alla Regione ma la sua richiesta non andò subito in porto.  Per far fronte alle spese si era rivolto a dei conoscenti per farsi prestare del danaro. Gentile e Robbio erano dei suoi fornitori i quali non fecero problemi ad andare incontro alle richieste di Russo. Solo che i soldi in prestito avevano un tasso da strozzo. Per un assegno post-dato di 20mila euro egli ne poté incassare solo 11mila, il restante serviva per gli interessi che lievitavano mensilmente. Per far fronte al primo debito Russo chiese altri soldi fino ad arrivare un prestito di oltre 110mila euro.  Russo impegnò tutte le sue risorse per cercare di uscire da quella drammatica situazione ma si era indebitato al punto da perdere la sua attività. Dalle indagini è emerso che a  mettere a disposizione i capitali a Russo sarebbe stato proprio Corvino attraverso Gentile e Robbio. Con la sentenza di primo grado, che condanna tutti gli imputati, viene scritto un importate capitolo

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