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Domenico Ferraiuolo

PIEDIMONTE MATESE – Sanità e camorra, ecco la sentenza della Cassazione in favore di Ferraiuolo. Ma al riesame non basta

PIEDIMONTE MATESE – Sanità e camorra, ecco la sentenza della Cassazione in favore di Domenico Ferraiuolo. I supremi giudici hanno cancellato l’ordinanza di arresto limitatamente al capo 1 (art. 416-bis cod. pen.) ed all’aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991 con riferimento agli altri reati contestati, rinviando gli atti al Tribunale di Napoli per nuovo esame su tali capi. I giudici della Cassazione hanno, invece, rigettato il resto il ricorso. Ai giudici del riesame di Napoli non è bastato ritenendo ancora necessaria la carcerazione di Ferraiuolo.

La sentenza della Cassazione:

…. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Napoli ha parzialmente confermato
quella emessa dal GIP dello stesso ufficio giudiziario in data 07/01/2015, con la quale era stata
applicata nei confronti di Ferraiuolo Domenico la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione alle ipotesi d’accusa provvisorie di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1. dell’imputazione) e 81 cpv., 110, 112 n. 1, 323, 61 n. 9, 353-bis cod. pen. (capo ,2), aggravati ai sensi dell’art. 7 I. n. 203 del 1991, annullando, invece, il Tribunale l’ordinanza genetica quanto agli stessi reati provvisoriamente contestati al capo J per difetto di gravità indiziaria.
L’indagato è, infatti, accusato di essere un imprenditore colluso con il clan camorristico dei Casalesi ed in particolare del suo braccio affaristico gruppo Zagaria, diretto fino al suo arresto da Michele Zagaria ed oggi dalla sorella Elvira, a sua volta vedova di Zagaria Francesco che ne costituiva l’uomo di collegamento con gli ambienti imprenditoriali ed amministrativi della Provincia di Caserta.
Nella prospettazione accusatoria, parte del corrispettivo degli appalti, assegnati a sue società all’esito di condotte fraudolente dei pubblici amministratori coinvolti, viene girato dall’imprenditore al clan camorristico, senza il quale non avrebbe potuto, ad esempio, acquisire una posizione dominante nel sistema delle commesse affidate dall’Azienda Ospedaliera Sant’Anna e San Seba­ stiano di Caserta, a sua volta gestita nel corso degli anni da pubblici amministratori ritenuti anch’essi collusi con il sodalizio criminale (Annunziata Luigi, Festa Bartolomeo, Ovaiolo Domenico ed altri).
In tale veste e quale socio della Odeia Costruzioni e Tecnologie Srl, il Ferraiuolo è accusato di avere collaborato con i predetti amministratori pubblici infedeli nella predisposizione ad hoc di almeno due bandi di gara per l’affidamento di lavori edilizi, alla fine assegnati alla predetta società, aggiudicataria, unitamente a poche altre ditte anch’esse ritenute dagli inquirenti colluse con il sodalizio criminale, di una nutrita serie di appalti in violazione della vigente normativa di settore. Il compendio indiziario è rappresentato dalle propalazioni di diversi collaboratori di giustizia (tra cui, Venosa Salvatore, Caterino Massimiliano e da ultimo lo stesso boss Antonio !ovine, decisosi a collaborare dopo la fine della lunga latitanza) e dalle dichiarazioni rese da altri inda­gati in procedimenti connessi (Licenza Luciano, Martino Francesco, Gasparin Giuseppe) in ordine al ruolo svolto dal gruppo Zagaria nell’ambito del clan dei Casalesi e nella gestione del sistema degli appalti nella Provincia di Caserta, dal contenuto di svariate conversazioni captate via telefono o all’interno dell’ufficio del dirigente amministrativo ospedaliero, Festa Bartolomeo e dalle acquisizioni documentali disposte dal PM presso l’archivio dell’Ospedale casertano, a ri­scontro della posizione primaria ricoperta della citata società nell’affidamento di appalti da parte del citato ente pubblico, ancorché di importo unitario non rilevante.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, che deduce inosservanza ed erronea applicazione delle legge penale in ordine alla ritenuta partecipazione all’associazione criminale nonché vizio di motivazione in ordine alle altre imputazioni ascrittegli. L’essenza delle doglianze formulate dall’indagato riguarda la completa estraneità all’associa­ zione criminale oggetto d’indagine, allegando l’omessa considerazione da parte del Tribunale partenopeo di un elemento fondamentale: la veste di dipendente – collaboratore e Direttore dei Lavori di altra società (Iteon SpA), aggiudicataria di lavori di ristrutturazione ed ammoder­namento di alcuni padiglioni dell’Ospedale di Caserta e che giustificava sia la presenza all’interno del nosocomio sia la frequentazione con il dirigente amministrativo Bartolomeo Festa, con il quale aveva più volte interloquito sull’andamento dei lavori e sui pagamenti dovuti per la loro realizzazione.

L’indagato fa rilevare la palesa illogicità delle ordinanze cautelari, allorquando neppure consi­derano che i lavori eseguiti dalla Iteon SpA per un controvalore di svariati milioni di Euro fossero esenti dalle pressioni estorsive del clan Zagaria, laddove l’esecuzione di piccoli lavori di ristrutturazione (pari a circa € 100.000,00 nel periodo del 2012-2013 di cui 70.000,00 realmente liquidati) starebbero a dimostrare l’intervenuta affiliazione al clan camorristico dei Casalesi.
Allega, inoltre, l’assoluta estraneità propria e degli altri soci della Odeia Sri a contesti di crimi­nalità organizzata (Cangiano Vincenzo essendo addirittura figlio di un amministratore comunale del casertano vittima di un grave attentato da parte delle organizzazioni criminali), l’assenza di contatti con il factotum del gruppo Zagaria, Zagaria Francesco deceduto nel 2011, l’assenza di contatti e di rapporti d’affari con Elvira Zagaria, indicata come reggente del gruppo criminale per i rapporti imprenditoriali, l’incongruenza di una condotta – ricavabile dalle intercettazioni e consistente nel chiedere ad un rappresentante del clan, Remo D’Amico, di lasciarlo parlare da solo con il Festa – incompatibile con l’affiliazione al sodalizio criminale, l’omogeneità della ver­sione offerta, unitamente agli altri soci della Odeia, in sede di interrogatorio di garanzia, senza averla minimamente potuto concordare con i coindagati.

La decisione della Cassazione:
Il ricorso è fondato e come tale merita accoglimento;
A parere del Collegio, alle doglianze già formulate dal ricorrente in sede di riesame, il Tribunale di Napoli non ha fornito adeguata risposta, sopravvalutando alcuni elementi indiziari indiscutibilmente emersi dalle indagini, quali in particolare gli esiti delle disposte intercettazioni ambientali, ma stabilendo non ancora esplicitate connessioni tra detti elementi e le acquisizioni investigative riferite al ruolo svolto dal Clan dei Casalesi nel sistema generale degli appalti della Provincia di Caserta.

La prima considerazione che s’impone è che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia riferite al ruolo dei Casalesi nel sistema degli appalti riguardano il contesto generale di riferimento e le modalità con cui il gruppo criminale si è introdotto, nel corso del tempo, nell’ambiente politico – amministrativo della Provincia di Caserta, riuscendo ad assumervi un ruolo di preminenza grazie all’intimidazione ed alla collusione di amministratori infedeli di ogni tendenza.

Tali dichiarazioni non riguardano, però, direttamente la persona del ricorrente, la cui figura assurge rilievo soltanto mediante il collegamento stabilito tra alcune (tre specificamente indicate nell’ordinanza) conversazioni in cui è coinvolto insieme a Festa Bartolomeo (amministratore ospedaliero) e D’Amico Remo (indicato come emissario del clan camorristico) all’interno dell’ufficio del primo e captate nell’arco temporale andante dal mese di ottobre 2012 a quello di febbraio del 2013.

Vale notare che il contenuto di tali conversazioni, certamente denotanti un rapporto di confidenza con il pubblico amministratore, segue nell’ordinanza la trascrizione di altre conversazioni intercettate riguardanti il citato D’Amico, Zagaria Francesco (come anzidetto, rappresen­tate ufficiale dei Casalesi presso l’Ospedale di Caserta fino alla sua morte), Annunziata Luigi (precedente amministratore ospedaliero) e il già citato Festa Bartolomeo.

E’ sembrato, dunque, logico e consequenziale alla pubblica accusa – le cui prospettazioni risultano essere state accolte e dall’ordinanza cautelare genetica e da quella impugnata – ravvisare un rapporto della stessa natura di quello che lega i quattro soggetti appena indicati anche con la persona del Ferraiuolo.

Tanto premesso, non sono state, però, considerate da parte del Tribunale, o almeno nell’ordinanza non ve n’è traccia, quelle obiezioni che il ricorrente ha riproposto anche con il ricorso in sede di legittimità.

Ammesso pure, infatti, che le frequentazioni con l’amministratore pubblico Festa costi­tuiscano la prova di rapporti non cristallini all’origine dell’affidamento dei lavori alla Odeia srl in deroga ai criteri di legge, resta tuttavia da spiegare:

  1. in che modo la pur acclarata presenza del citato Remo D’Amico nell’ufficio del Festa e la sua partecipazione ad alcune conversazioni in cui era presente anche il Ferraiuolo valgano da sole a fornire la dimostrazione addirittura del pieno inserimento di quest’ultimo nel gruppo criminale;
  2. che ruolo abbia in concreto svolto, ai fini del conseguimento di appalti per importo complessivamente inferiore all’importo di € 1000,00, la presenza del ricorrente da lunga data nel nosocomio casertano in qualità di Direttore dei Lavori della Iteon SpA, società aggiudicataria di opere di ristrutturazione e ammodernamento di alcuni padiglioni dell’ospedale per svariati milioni di Euro;
  3. la singolare circostanza per cui la presenza e il ruolo dell’organizzazione criminale si sarebbero fatti sentire nell’aggiudicazione degli appalti per l’esecuzione di lavori di manutenzione eseguiti d’urgenza o per la prestazione di alcuni servizi minori (l’ordinanza ricorda quelli di lavanderia e sterilizzazione dei kit operatori) e non invece per quelli concernenti l’ammodernamento di importanti elementi strutturali dell’ospedale, come alcuni suoi padiglioni, di importo economico incommensurabilmente più rilevante;
  4. l’assenza di collegamenti diretti tra il ricorrente ed esponenti Clan dei Casalesi e in parti­ colare con l’attuale reggente per i rapporti con l’imprenditoria, Zagaria Elvira, al di là delle frequentazioni con il ricordato Remo D’Amico nell’ufficio del pubblico amministratore, atteso che non sono stati acquisiti né intercettazioni di conversazioni in tal senso né specifiche dichiarazioni di soggetti collaboranti.

Trattasi di aspetti di non poco momento, la cui mancata considerazione da parte del Tri­bunale sembra tradire l’esistenza di un argomento implicito alla base della conferma dell’ordi­nanza genetica per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e per la corrispondente aggravante, costituito da una sorta di proprietà transitiva, nel senso che l’acclarata presenza del ruolo svolto dal Clan dei Casalesi nell’ospedale casertano e i rapporti stabiliti dal sodalizio criminale con pubblici amministratori infedeli valgono a colorare di mafiosità tutti gli altri rap­ porti intessuti da detti amministratori con altri soggetti operanti nel medesimo ambiente imprenditoriale – amministrativo.

  1. Non merita, invece, censure, almeno allo stato attuale delle acquisizioni indiziarie, la valutazione svolta quanto ai reati provvisoriamente contestati al capo ,2., considerato pure che il Tribunale ha operato importanti distinzioni con riferimento all’analoga imputazione cristallizzata al capo J;, risulterà evidente, tuttavia, la necessità di riconsiderare il profilo delle esigenze cautelari riferite a tale imputazione, ove diverse determinazioni dovessero essere assunte con riferimento al reato di cui al capo 1.
  1. All’accoglimento del ricorso nei termini sopra indicati, consegue l’annullamento parziale dell’ordinanza limitatamente al capo 1 ed all’aggravante dell’agevolazione mafiosa e il rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame su detti capi; il ricorso va, invece, respinto nella restante parte.

 

 

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un commento

  1. Potito Zanfaglia

    Su su…coraggio….dieci anni passeranno presto.