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CASERTA – Economia e disfunzioni di Stato: un’analisi del declino

CASERTA (di Nando Silvestri) –  Trecentomila posti di lavoro persi in soli tre mesi. Ogni mese, in pratica, il Bel Paese totalizza centomila disoccupati. Questo è il tragico bilancio stilato dall’Istat che consacra senza ombre di dubbio il trionfalismo sghembo di questo governo di incapaci piazzisti e deliranti pentolai. Nel frattempo altre sventure si abbattono sul panorama economico nazionale, non meno preoccupanti e turbolente. Difatti l’espansione monetaria predisposta da Draghi lo scorso marzo ha dato luogo a non poche contraddizioni deleterie. Se da una parte il corso dei titoli è schizzato alle stelle avvantaggiando la speculazione finanziaria, dall’altra la promessa tanto decantata di credito a basso costo a famiglie ed imprese si è rivelata lettera morta. E già, perché il credito facilitato sul quale avevano tanto contato le piccole e medie imprese bisognose di riattivare e rinsaldare le proprie attività è stato dirottato quasi del tutto altrove. Sono le imprese più forti e quelle con maggior livello di solvibilità a fruire maggiormente della politica monetaria espansiva predisposta da dall’Eurotower. In pratica, solo le aziende più stabili e solide hanno goduto degli effetti vantaggiosi del “Quantitative Easing” di Mario Draghi; vengono escluse quasi del tutto le imprese più carenti di finanziamenti e fiducia. Che senso ha predisporre, allora, l’ossigenazione dei conti delle aziende più vitali e negare il soccorso salvifico a quelle in difficoltà? Le realtà imprenditoriali che annaspano, in definitiva, sono condannate a permanere nel limbo e ad affidarsi alla sorte. Questo è, per ora, il triste bilancio italiano degli ultimi mesi sotto la lente di ingrandimento, al netto dell’enfasi pubblicitaria e mediatica degli esaltati di governo. Ma quali sono le implicazioni economiche della perdita di trecentomila posti di lavoro, per tornare alla questione iniziale? Trecentomila persone in più che non spenderanno, terrorizzate dallo stato di precarietà che di colpo li assilla. Di riflesso, produzione ed investimenti sono destinate a diminuire vertiginosamente per la caduta verticale di commesse di beni e ordinativi, con la conseguenza di generare disoccupazione ulteriore. Disoccupazione che, attraverso un meccanismo a cascata noto come “moltiplicatore Keynesiano” determinerà nel medio periodo recessione aggiuntiva e cumulata. Ma c’è un’altra conseguenza non meno grave di quelle precedentemente descritte di cui tenere conto. Oltre trecentomila persone  avvertiranno nel giro di pochi mesi maggiore difficoltà a versare imposte e tributi all’erario arrecando un danno incommensurabile alle finanze dello Stato e all’intera comunità, noto come “risparmio lecito d’imposta”. Le mancate entrate fiscali genereranno debito ulteriore che si rifletterà, come sempre accade in Italia, sui contribuenti vessati da balzelli e gabelle. Da parte sua, l’ombra elefantiaca del debito accostata alla deflazione dilagante, ovvero alla caduta della domanda globale, fa aumentare il rischio di fallimento. In buona sostanza l’unica causa dei mancati introiti fiscali non va scovata tra gli evasori ma, piuttosto, fra burocrati e lestofanti che creano artificiosamente le condizioni favorevoli ai disservizi e all’arretratezza disfunzionale. Gli evasori fiscali, specie se di “sopravvivenza” cercano solo di tutelare la propria dignità, quella che manca, di fatto,  alle istituzioni.

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