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RIARDO – L’Antimafia spiega le ragioni dell’ascesa del gruppo Ragosta

RIARDO – Un capitolo dell’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Procura di Napoli riguarda i presunti legami dei Ragosta con il clan Fabbrocino, storica organizzazione malavitosa influente nell’hinterland vesuviano. Sulla scorta di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e sulla base di indagini della Dda, sarebbe emerso il ruolo dei Ragosta come “polmone finanziario” – sostengono gli inquirenti – del gruppo Fabbrocino. In pratica parte dei soldi del clan sarebbero stati reimpiegati dai Ragosta attraverso una girandola di operazioni, prestanome, amministratori di comodo, “soci apparenti e amministratori-burattino”, spiega il gip che ha firmato i provvedimenti. Il legame dei Ragosta con ambienti della criminalità organizzata si spingerebbe fino ai Casalesi, il potente clan del Casertano. Una traccia porterebbe a un traffico irregolare di rifiuti negli anni ’90 finito al centro di un processo che tra gli altri coinvolse Fedele Ragosta, il quale ne uscì con un proscioglimento. Per gli inquirenti, senza il consenso dei boss non si sarebbe mai potuta aprire una discarica abusiva. Altri elementi, indicati agli atti dell’inchiesta, fanno riferimento ai rapporti tra i Ragosta e un imprenditore ritenuto organico al clan casalese e a dichiarazioni di pentiti. E poi una coincidenza, che alimenta i dubbi degli investigatori ma di per sé non costituisce reato, e cioè un soggiorno dei coniugi Ragosta, oggi tra gli indagati, in un hotel di Portofino nell’ottobre del 2004, negli stessi giorni in cui lì risultava ospite anche Nicola Schiavone, cugino del boss Francesco detto Sandokan, capo dei Casalesi. E infine, il fatto che Carmine Schiavone, figlio del boss casalese, ha festeggiato il matrimonio all’hotel Raito gestito da Fedele Ragosta.

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