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prima messa di don Ovidio a Medellin, in Colombia

PIEDIMONTE MATESE – Caso don Ovidio, i fedeli sperano nell’intervento del Papa

prima messa di don Ovidio a Medellin, in Colombia
prima messa di don Ovidio a Medellin, in Colombia

PIEDIMONTE MATESE (francesco mantovani) – La direzione dell’ospedale civile di Piedimonte Matese scrive a Papa Francesco affinchè si faccia piena luce sull’ingiusto e inopportuno allontanamento di Don Ovidio del Rio da parte del vescovo Di Cerbo. I fedeli sperano. Adesso che il parroco colombiano è tornato nella sua terra d’origine si scopre che l’azienda ospedaliera pedemontana, sorpresa e addolorata per quanto si stava consumando e per quanto poi è accaduto, ha deciso di rivolgersi, prima al vescovo della diocesi Alife – Caiazzo e al presidente della Regione, Stefano Caldoro, poi direttamente al Papa. A quel ministro di Dio cui il prete colombiano tanto somiglia non soltanto per le spiccate capacità comunicative, ma, soprattutto, per lo spirito di abnegazione con il quale quotidianamente cerca di presentare agli occhi del mondo un Cristo che è ancora capace di stare in mezzo alla gente, in particolare ai più poveri e agli ammalati. Don Ovidio, fin dal primo giorno di ministero sacerdotale, ha cercato con tutte le forze di portare tra i fedeli una chiesa semplice, umile. Una chiesa che guarda con amore alle sofferenze degli indigenti, che si prende cura dei sofferenti, ma che nello stesso tempo si rivolge ai bambini con la stessa bontà e la stessa innocenza di chi inizia a dipingere i primi significativi frammenti di realtà che daranno un volto definito all’esistenza. In ospedale, don Ovidio già manca tanto. Un distacco vissuto con dolore e forte senso di nostalgia non solo da parte di chi gestisce il presidio matesino, ma anche da parte degli ammalati ai quali il prete colombiano dedicava – in veste di cappellano – il suo cuore e la sua anima. In quel di Piedimonte, sale altissimo in queste ore di rammarico, il ricordo di tutte le volte che don Ovidio, con parole semplici e con un sorriso genuino e puro, dava conforto e attenzione a chi in quel momento ne aveva davvero bisogno. Nessuno potrà mai dimenticare tutte le volte che il “prete degli ultimi” si recava presso la struttura ospedaliera per dare l’estrema unzione a chi si apprestava a lasciare la vita terrena per sedersi su una nuvola soffice al fianco degli angeli. Lo faceva con amore e spirito di vera missione. Alzandosi anche nel cuore della notte per correre da Totari verso il capoluogo matesino. Soprattutto, lo faceva con la gioia nel cuore al contrario di chi, nell’esercizio del ministero sacerdotale, preferiva assistere soltanto i vivi e non i morti. Eppure nelle stanze di quel potere che per anni ha rallentato il processo di evangelizzazione della chiesa nel mondo tutto ciò sembra sia passato quasi in secondo piano. O semplicemente si è fatto finta di non vederlo perchè una pagina di storia della diocesi incominciava giorno dopo giorno a tingersi di colori così tanto accesi in grado di spazzare via quelle piaghe grigie e opache che annebbiano la missione della chiesa ingabbiandola in una insopportabile ed opprimente dimensione privata. Don Ovidio, inconsapevolmente, era diventato in sostanza un termine di paragone che faceva emergere tutto il marcio di cui si circonda la stessa chiesa intesa come istituzione politica. La sua chiesa, quella del sacerdote colombiano, è al contrario semplice, spontanea e caritatevole. In ospedale tutti hanno perciò riconosciuto ed apprezzato le qualità del parroco. Lo si nota anche leggendo le lettere inviate prima al vescovo e poi al Papa, nelle quali, nel tracciare un profilo del prete colombiano, i vertici dell’azienda mettono in evidenza alcuni aspetti che fanno da compedio per descrivere il suo modus operandi. A cominciare dal fatto che don Ovidio ha sempre operato nel silenzio senza chiedere mai aiuti, superando ogni formalità e avvicinando ad egli e, dunque, alla chiesa universale di Cristo chi da essa si era sempre dichiarato lontano. Nella lettera inviata al Pontefice, c’è poi un passaggio chiave che cancella di getto tutte le sciocchezze che qualcuno ha cercato di tirar fuoci contro il parroco per giustificare l’ingiustificabile: “Don Ovidio dona a tutti noi, in ogni sua manifestazione, la concreta fiducia ispirata dalla luce di Dio che serve per vivere in modo operoso e costruttivo questa vita terrena, ciò che ci è di gran conforto nel dolore del corpo e nello spirito”.

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2 commenti

  1. Chiedete a Sua Santità se ammolla due calci nel c….o a st’arrogante che si crede dio e lo mandasse c’è Ebola. Buono solo a celebrare riti per i potenti e malvagio contro i deboli.

  2. Sto vescovo allontana i preti che castigano il potere melmoso che c’avvolge da sempre e sta vicino ai più deboli.Il vescovo dovrebbe essere mandato in una foresta amazzonica.