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PIGNATARO MAGGIORE – Delitto Abbate, i Ligato ascoltati in videoconferenza

PIGNATARO MAGGIORE – Omicidio Raffaele Abbate, il padre del pentito Antonio Abbate, commissionato dai casalesi ed eseguito dal gruppo di Pignataro del clan Lubrano Ligato.  In aula davanti alla corte d’assise del tribunale di santa Maria Capua Vetere presieduta dal dottor Provitera giudice a latere la dottoressa Forte per sentire proprio il collaboratori di giustizia Antonio Abbate sui fatti che egli ha appreso circa la morte del proprio genitore. Un interrogatorio lampo solo su alcune questioni e chiarimenti chiesti dalla difesa dei due imputati Raffaele e Pietro Ligato presenti per video collegamento.  Abbate rispondendo alle domande degli avvocati Carlo De Stavola e Nicola Filippelli ha chiarito che egli era detenuto quando avvenne la tragedia e che a parlargliene fu proprio sua madre.  Dai fatti che egli ha potuto apprendere ha avuto il sospetto che i killer erano riusciti a capire gli spostamenti di suo padre che si era trasferito a vivere a Giugliano dove aveva un altro appartamento grazie all’amicizia e al vicolo di parentela che vi era tra la sua famiglia e i Ligato in quanto erano cognati per aver spossato due sorelle.  All’epoca dei fatti il figlio minorenne di Antonio Abbate frequentava Giuseppe Pettrone legato questi al clan di Marcianise. La difesa di Ligato ha insistito anche per sapere se il figlio del pentito avesse frequentazioni anche con Sebastiano e Nicola Panaro. Ma il collaboratore ha riferito che non era possibile poiché nel momento in cui egli incominciò a collaborare suo figlio venne trasferito a Milano sotto protezione.  Sta di fatto che i sicari sapevano quando Raffaele Abbate sarebbe rientrato a Pignataro per andare a controllare la sua tenuta dove infatti venne ucciso quasi sotto gli occhi della moglie.  Per questo motivo per la prossima udienza del 5 marzo dovrà essere sentita propria la mamma del pentito la signora Teresa Lubrano ed anche il pentito Cesare Tavoletta.  Raffaele Abbate fu ucciso per fermare il collaboratore di giustizia  che aveva incominciato a parlare di numerosi fatti di sangue. Le parole del pentito del gruppo Lubrano fecero scattare numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere anche a carico dei casalesi. Il gotha del clan decise di rivolgersi proprio ai Ligato, Raffaele e Pietro, che avevano fatto parte del gruppo di Pignataro per preparare e portare a termine l’agguato mortale. Essi conoscevano i luoghi e sapevano come spostarsi sul territorio da loro controllato.
maria giovanna pellegrino

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