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PIANA DI MONTE VERNA – Interdittiva antimafia per Nabav Costruzioni, inutile il ricorso al Tar

Santabarbara Raffaele Sindaco Piana Monte Verna 2

PIANA DI MONTE VERNA – Interdittiva antimafia contro la Nabav Costruzioni srl, inutile il ricorso al Tar proposto dall’azienda contro la revoca, da parte dell’amministrazione comunale pianese,  del contratto. I giudici, infatti hanno respinto il ricorso proposto dall’aimpresa. La sentenza dei giudici è arrivata sul ricorso 4537 del 2013, proposto da Nabav Costruzioni s.r.l., contro il Ministero dell’Interno – UTG – Prefettura di Caserta, comune di Piana di Monte Verna, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Difesa, Comando Generale dei Carabinieri, Comando Generale Guardia di Finanza, Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, Nucleo Investigativo Interforze, Stazione Unica Appaltante della Provincia di Caserta, Comune di Cervinara, Comune di Pollica. I ricorrenti chiedevano  l’annullamento  previa sospensione dell’efficacia dell’informativa della Prefettura della Provincia di Caserta del 19/07/2013 CAT.12b16/ANT/AREA I, con la quale si comunica che nei confronti della Nabav Costruzioni s.r.l. sussistono le situazioni di cui all’ art. 84, co. 4, ed all’art.91, co. 6, del d.lgs. n. 159/2011 e della nota del Comune di Piana di Monte Verna prot. n. 4743 del 26.7.2013, della nota del Comune di Pollica prot. n. 7750 del 13.8.2013 e della nota Comune di Cervinara n. 152 del 12.9.2013, recanti risoluzione dei contratti di appalto stipulati dalla ricorrente con le stesse amministrazioni comunali per effetto della suindicata interdittiva prefettizia.

Con l’atto introduttivo del giudizio, notificato l’8 ottobre 2013 e depositato il giorno 17 seguente, la ricorrente Nabav Costruzioni s.r.l. ha impugnato il provvedimento con cui la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Caserta ha emesso nei suoi confronti, in data 19 luglio 2013, un’interdittiva antimafia ai sensi dell’ art. 84, co. 4, e dell’art.91, co. 6, del d.lgs. n. 159/2011 nonchè le tre note specificate in epigrafe, con cui i comuni di Piana di Monte Verna, di Pollica e di Cervinara hanno risolto i rapporti contrattuali intrattenuti con la stessa società sulla base della suddetta informativa prefettizia.

Nel presente giudizio è controversa la legittimità del provvedimento, emesso il 19 luglio 2013, con cui il Prefetto di Caserta ha comunicato la sussistenza di cause interdittive antimafia nei confronti della Nabav Costruzioni s.r.l., ai sensi dell’art. 84, comma 4, e dell’art.91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, e dei conseguente atti, in epigrafe specificati, con cui i comuni di Piana di Monte Verna, di Pollica e di Cervinara hanno risolto i rapporti contrattuali intrattenuti con la società ricorrente.  Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Il punto nodale della controversia si focalizza sulla congruità degli elementi posti a sostegno dell’informativa prefettizia, al riguardo è opportuno premettere, in punto di fatto, che nel provvedimento e negli atti allo stesso allegati sono anzitutto evidenziati gli stretti rapporti e le cointeressenze economiche che legano la società ricorrente con altre due società, la Ktesis s.r.l. e Le ceneri Paestum (L.C.P.) s.r.l.  Dopo aver evidenziato i rapporti familiari tra soci ed amministratori delle tre società in questione, l’informativa prefettizia in discussione poggia essenzialmente sulle seguenti circostanze reputate significative del pericolo di infiltrazioni mafiose:

– con sentenza del 21.2.2012 del Tribunale di Napoli G. C. è stato condannato ad anni tre di reclusione per violazione dell’art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), aggravato dall’art. 7 della L. n. 203/1991 (nell’ambito del procedimento Normandia 2) per aver agito al fine di favorire il clan camorristico dei Casalesi;

– A. N. è stato controllato (in data 13.5.2007) in compagnia di D. L., soggetto che “annovera pregiudizi di polizia per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti”;

– V. N. è stato controllato in due occasioni (il 4.12.2008 e il 23.7.2008) in compagnia del già citato G. C.

3. A sostegno della domanda giudiziale, l’instante assume che il mero rapporto di parentela ed i segnalati controlli di polizia, in difetto di ulteriori elementi, non sarebbero di per sé sufficienti a giustificare la misura antimafia, tenuto anche conto che la Ktesis s.r.l., a seguito di sequestro, dall’inizio del 2011 è gestita da un custode giudiziario e che la L.C.P. è inattiva.

4. Il Collegio reputa opportuno richiamare sinteticamente i tratti caratterizzanti l’istituto dell’informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del d.P.R. n. 252/1998, come delineati dalla giurisprudenza che si è occupata della materia (cfr. per tutte, Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005 n. 2796 e 13 ottobre 2003 n. 6187; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 8 novembre 2005 n. 18714, 11 novembre 2011 n. 5296):

– si tratta di una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso, per cui non occorre né la prova di fatti di reato né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa né del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi;

– è sufficiente il “tentativo di infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato;

– tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite, cosicché anche da una sentenza pienamente assolutoria possono essere tratti elementi per supportare la misura interdittiva;

– gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;

– la formulazione generica, più sociologica che giuridica, del tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta l’attribuzione al Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.

5. Muovendo da tali necessarie premesse, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame l’adozione della misura interdittiva nei confronti della società ricorrente è esente dai denunciati vizi di difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e di motivazione, trovando adeguata giustificazione sulla base di una complessiva valutazione degli elementi fattuali acquisiti, come sopra compendiati.

Se è vero che il rapporto di parentela o di affinità non costituisce in sé indizio sufficiente del tentativo di infiltrazione mafiosa, è altrettanto vero che tale tentativo deve ritenersi sussistente quando al dato dell’appartenenza familiare si accompagnino circostanze sintomatiche di un’effettiva comunanza di interessi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 febbraio 2008 n. 756, 27 giugno 2007 n. 3707 e 2 maggio 2007 n. 1916), come accaduto nel caso di specie.

Deve osservarsi infatti che i legami con la figura di G. C. sono molteplici ed incrociati e che al vincolo familiare si è accompagnata la significativa circostanza evidenziata dalla Prefettura consistente nelle cointeressenze economiche sussistenti tra le tre società sopra indicate.

Invero, la L.C.P. risulta costituita, in data 23.10.2009, con un capitale sociale di € 10.000,00, suddiviso in massima parte tra la Ktesis e la Nabav (con una quota di € 4.900,00 ciascuna mentre la restante quota di € 200,00 è intestata a Tecno Eco s.a.s.), ed ha come coamministratori V. N. e R. M.

Il citato V. N. è anche socio (con una quota del 25%) della Nabav ed è figlio di A. N., socio (anch’egli con una quota del 25%) ed amministratore unico della stessa società odierna ricorrente.

La citata R. M. è coniugata con G. C. ed è intervenuta nell’atto costitutivo della società L.C.P. in qualità di amministratore unico della Ktesis (carica successivamente ricoperta da P. C., padre di G. C.).

Il capitale sociale di quest’ultima è suddiviso tra il menzionato G. C. (con una quota di nominali € 73.700,00) e R. N. (titolare della restante quota di nominali € 36.300,00).

Infine, per completare il quadro dei legami familiari, la predetta R. N. è coniugata con il suddetto P.C. ed è quindi madre di C. G. nonché sorella di A. N. e zia di V. N., soci (ed il secondo anche amministratore unico) della Nabav.

Ad avviso del Collegio le evidenziate circostanze costituiscono, nel loro complesso, un chiaro indice di una sostanziale comunanza di interessi con C. G. e, attraverso questi, del pericolo di infiltrazione da parte di ambienti della criminalità organizzata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 febbraio 2008 n. 756, 27 giugno 2007 n. 3707 e 2 maggio 2007 n. 1916).

Non può poi sottacersi che l’ordinaria conformazione delle imprese operanti nel settore e nell’ambito geografico di riferimento ha contribuito ad irrobustire gli elementi di controindicazione nei confronti della società ricorrente, i quali possono ritenersi idonei a dare conto del tentativo di infiltrazione in quanto emerge la concreta possibilità delle organizzazioni criminose di condizionarne le scelte e gli indirizzi sociali.

Né gli ulteriori elementi addotti dalla ricorrente sono tali da far venir meno il complessivo quadro indiziario a carico della società ricorrente come sopra delineato.

In definitiva, nella fattispecie in esame gli elementi acquisiti, valutati nella loro globalità, sono tali da sorreggere adeguatamente la misura prefettizia e gli ulteriori atti adottati sul suo presupposto.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Sussistono, peraltro, giusti e particolari motivi, in virtù della delicatezza e della complessità della vicenda contenziosa, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio, fatto salvo il contributo unificato, che per legge resta a carico della parte soccombente.

Per tutte queste ragioni il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese.

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