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TEANO – Divieto di bruciare residui vegetali da potatura, Pina Picierno in soccorso degli agricoltori. Ecco come vuole cambiare la legge

TEANO – Divieto di bruciare i residui vegetali derivante da potatura  di frutteti, giardini ed altro, l’Onorevole Pina Picierno  propone  di modifica dell’articolo 256-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, inerente il divieto di bruciare i residui vegetali, perché classificati  rifiuti.  Nella proposta emendativa della Picierno, tesa  ad abolire in parte il divieto si evince: “Le disposizioni del presente articolo e del precedente articolo 256 non si applicano al materiale agricolo e forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco. Di tale materiale è consentita la combustione in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro nelle aree, periodi e orari individuati con apposita ordinanza del Sindaco competente per territorio. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle Regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata”.  L’intervento normativo proposto consiste nella introduzione di una limitazione al campo di applicazione di quanto previsto dagli articoli 256 e 256-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Codice dell’ambiente) per il materiale vegetale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco non ricompreso tra le categorie elencate al comma 1, lettera f) dell’art. 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006 così come modificato dall’art. 13, comma 1, lett. f) del decreto legislativo n. 205 del 2010. In base alle attuali previsioni del Codice dell’ambiente la combustione di tale materiale vegetale si configura quale illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile penalmente ai sensi dell′art. 256 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale punisce l’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, stabilendo che chiunque compie un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi. La recente emanazione del decreto-legge 10 dicembre 2013,  n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6,  inserisce nel Codice dell’ambiente l’art. 256-bis (Combustione illecita di rifiuti) che introduce, tra le attività di gestione illecita dei rifiuti anche la combustione, individuandone uno specifico aggravato regime sanzionatorio. L’attuale normativa recepita dal decreto legislativo n. 205 del 3 dicembre 2010 il cui art. 13, modificando l’art. 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilisce che “paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi, se non utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l′ambiente o mettono in pericolo la salute umana devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati”.Considerato il divario tra requisiti normativi e le usuali pratiche agricole locali, se si procede ad accendere un fuoco con residui di potatura o erba o foglie raccolte sul proprio terreno dopo averlo pulito, si rischia una condanna penale. Infatti, il cittadino-imprenditore che, in concreto  vuole ripulire il noccioleto o il castagneto dai residui vegetali a mezzo dell’abbruciamento di fogliame, frutici e soffrutici vegetali, in pieno campo, rischia di essere deferito all’A.G. per violazioni alla legge penale. Da quanto sopra, emerge la necessità di procedere ad una corretta limitazione del campo di applicazione della norma che tenga conto delle oggettive difficoltà degli operatori del settore. L’attuale normativa, inoltre, potrebbe comportare nel breve periodo l’abbandono delle piccole e medie aziende agricole ubicate in zone collinari e montane già svantaggiate per ubicazione e giacitura. Infatti quasi sempre detti terreni oltre a presentare svantaggi orografici sono anche soggetti al vincolo idrogeologico ove non è consentito il dissodamento del cd. terreno saldo, per l’interramento delle biomasse, senza alterare la stabilità idrogeologica del versante.Va inoltre evidenziato che l’abbandono dei terreni svantaggiati, che sono i maggiori utilizzatori della pratica della bruciatura,  potrebbe portare ad un risultato completamente opposto a quello inseguito  dal legislatore. L’accumulo di biomasse al suolo, infatti, nel territorio comunque montano e pedemontano a ricorrenze cicliche determinerà incendi devastanti e distruttivi come mai verificatisi prima dell’abbandono.

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