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PIETRAVAIRANO – LONGA MANUS, ACQUISITE LE DICHIARAZIONI DI PANARELLO

PIETRAVAIRANO – Scandalo delle tangenti a Pietravairano, il tribunale decide di acquisire i verbali di udienza e gli interrogatori resi da Giuseppe Panarello. Questa in sostanza la decisione assunta ieri, prossima udienza l’undici marzo. Sarà la volta degli imputati che potranno far sentire le loro ragiomni. Il processo si snoda sui fatti  che circa due anni fa portano all’arresto dell’ex sindaco Dario Rotondo e di alcuni suoi assessori, tecnici e imprenditori. Lavori pubblici e tangenti, secondo la Procura e secondo i giudici del riesame che hanno confermato successivamente l’impianto accusatorio, nei confronti delle 29 persone indagate ci sono diverse accuse fra cui spicca l’ipotesi di reato per  “associazione a delinquere”, “concussione”, “corruzione”, “turbativa d’asta”, “truffa ai danni dello Stato”, “falso”, “abuso d’ufficio” e “incendio”. Secondo l’accusa  era stato messo in piedi un sistema per pilotare le gare d’appalto dell’ente in favore delle due ditte dell’Agro Aversano, Di Bello e Zagaria. Le indagini  sono scattate nel 2007 e hanno tratto origine da una denuncia di un imprenditore che, nel rappresentare fatti circostanziati aventi ad oggetto richieste di “contributi” a fronte dell’affidamento di lavori pubblici. Lo scorso dicembre la Cassazione ha respinto l’appello proprosto dai difensori dell’ingegnere Giuseppe Panarello.  Aveva chiesto la cancellazione della condanna precedente, inflitta sia dal tribunale di primo grado e successivamente confermata dal tribunale d’appello. La Cassazione ha ritenuto, invece, di non dover rivedere il processo. La decisione dei giudici romani appare come una ulteriore conferma all’impianto accusatorio mosso dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Giuseppe Panarello è la prima figura del gruppo di persone coinvolte nella vicenda a chiudere la propria posizione; inoltre è l’unica che finora avrebbe ammesso parte delle proprie colpe, giustificando però il proprio comportamento con l’impossibilità di agire diversamente.  Era novembre di un anno fa quando la corte di Appello di Napoli confermò la condanna a 4 anni contro l’ingegnere Giuseppe Panarello.  Panarello, secondo l’accusa, insieme ad altri due colleghi, Giuseppe Di Duca e Valerio Mortellaro, faceva parte di quel sistema che è stato denominato “Diga”, una sorta di misura di prevenzione che i tre si affrettavano a prendere per impedire l’accesso di altre società o ditte negli appalti del comune e dunque proteggere gli affari di quelle uniche ditte che si aggiudicavano gli appalti.

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