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CELLOLE – Piscina su area demaniale marittima, scempio evitato

CELLOLE –  Piscina sull’area demaniale marittima, in località Baia Domitia, nel Comune di Cellole, sede dell’Hotel La Baia. La conferenza dei servizi del Comune, nel respingere la richiesta, tenne conto del fatto che la Soprintendenza, preposta alla tutela paesaggistica, aveva espresso parere negativo fondato sul testuale rilievo che «l’intervento proposto è ubicato in zona di rilevante interesse paesaggistico per l’assenza di modifiche antropiche sostanziali dei caratteri naturali caratterizzati dall’ecosistema, composta da macchia mediterranea che preserva l’equilibrio vegetazionale tra le varie essenze  e che, pertanto, l’attuazione della trasformazione proposta comporterebbe la cancellazione dei tratti distintivi del passaggio protetto, in contrasto con il regime di tutela istituito dalla disposizione legislativa in vigore». Queste in sostanza le ragioni che hanno spinto il Consiglio di Stato a confermare le sclete fatte dall’amministrazione comunale di Cellole che negò la realizzazione della struttura.  Le piscine interrate possono alterare i valori paesaggistici. Ora il punto fermo è stato posto dal Consiglio di Stato. E come conseguenza, c’è da stare attenti ad evitare perfino le semplici modifiche ai tratti naturalistici dell’area. Il perché è presto detto, sempre dalla  fonte: si realizza il principio di violazione del vincolo paesaggistico. Tutto scritto nero su bianco nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza breve n. 18 del 7 gennaio 2014, con la quale è stata giudicata erronea la sentenza n. 1099/2013 della settima sezione del Tar Campania-Napoli. Anzi e per zelo si trascrive il pensiero nei termini espressi: «Hanno rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio, e anche se si tratta di una piscina».  Il Consiglio di Stato non si è limitato alla bocciatura di quanto stabilito dal Tar campano. Un ulteriore passaggio spiega fino in fondo cosa si intenda per tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico. Con particolare riferimento alla “tutela” dell’area – in effetti – il Consiglio di Stato ha tenuto conto della eventuale esigenza di mantenere inalterati i luoghi in esame.  Nel dettaglio, il Consiglio di Stato spiega il meccanismo cui si sono ispirati i giudici campani del Tar. E ne rilevano inoltre il modo “apodittico”, quindi inconfutabile con cui – ritenendolo corretto – hanno affermato che “le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizi di visuali e visioni prospettiche”. Per dire subito dopo – sempre i giudici del Consiglio di Stato – che “le motivazioni sono “insufficienti”. Altro rilievo mosso al Tar: l’aver ignorato la valutazione tecnico-discrezionale di competenza dell’ amministrazione. Come conseguenza sono stati “violati” i principi della separazione dei poteri e della tassatività delle  ipotesi di giurisdizione di merito prescritte dall’articolo 134 del Codice di procedura amministrativa.

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