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CASERTA – Economia meridionale, anno zero: l’UE ci ha fatto il “pacco”

CASERTA (di Nando Silvestri) – Quando Federico II di Svevia, celebrato  e colto sovrano le cui gesta fervono ancora nel Borgo di Casertavecchia e in tutto il Mezzogiorno d’Italia, imbastì una politica contro i privilegi della nobiltà e del clero, si guadagnò subito l’inimicizia e la diffidenza di papa Gregorio IX, il quale non esitò  nemmeno un istante a togliersi di torno l’ angusta ingerenza imperiale spedendolo alle Crociate prima, scomunicandolo poi. Un segno questo che la sperequazione economica è sempre valsa la prostrazione del ceto medio e l’indigenza del sottoproletariato, sino a diventare una regola consuetudinaria tacitamente legittimata. Oggi l’artefice di una tale nefandezza si chiama Europa, niente altro che la moderna versione riveduta e corretta del pangermanesimo diffusosi in Italia a partire dalla discesa di Federico Barbarossa lungo la via Francigena sino a giungere a Hitler, attraversando le due guerre mondiali. L’egemonia tedesca e quella delle banche della Troika avviluppa l’intera Eurozona nelle spire asfittiche del debito, generando una zavorra di deficit di quasi 10000 miliardi di euro.  In verità, solo il popolo ungherese sembra essersi affrancato orgogliosamente dai ricatti di usurai e burocrati europei. Lo ha fatto saldando i propri debiti a testa alta, riuscendo così ad aumentare PIL, stipendi, pensioni e ad abbassare addirittura le tariffe delle utenze di acqua, luce e gas. Evidentemente Viktor Orban, il premier ungherese e la banca centrale magiara conoscono i “Cantos” di Ezra Pound e devono aver compreso che non c’è sviluppo nella riproduzione  cumulativa del debito. Ecco perché dopo aver eretto proficue barriere a presidio dell’economia nazionale e stipulato prolifici accordi economici con il Medio Oriente la leadership ungherese è stata tacciata con l’epiteto di “nazionalista”, tanto caro ad ipocriti e aguzzini che siedono comodamente sugli scranni del parlamento europeo, gelosi custodi dei propri privilegi. Assolutamente diversa è invece la realtà italiana, dal momento che oggi l’UE ha preparato al Bel Paese un “pacco” per i prossimi 2 anni di cui ci ricorderemo a lungo. Anzi, per la precisione ne ha preparati ben 6: “troppa grazia S. Antonio”. Si tratta di 6 regole imperative inserite in un provvedimento unico e dirompente, denominato “Six Pack”. Si tratta di una serie di misure rigorose e restrittive di cui non si sa abbastanza e che pochi hanno interesse effettivo a divulgare palesemente, caratterizzate sostanzialmente da ulteriori e ben più severi vincoli contabili imposti a tutti quei paesi come l’Italia che presentano bizze di bilancio e rapporto Deficit/Pil prossimo al 3 %. Il “Six Pack” prevede tra l’altro stringenti dictat finanziari finalizzati ad abbassare forzosamente di alcuni decimi di punto, senza deroghe né dilazioni di sorta, il disavanzo nazionale nell’arco di pochi mesi, pena l’avvio di procedure di carattere sanzionatorio e coercitivo. E’ inimmaginabile che siffatti cappi contabili adagiati democraticamente intorno al collo degli italiani non si traducano in inasprimenti aggiuntivi di imposte dirette ed indirette nel prossimo futuro.  Peccato che il “pacco” non preveda alcuna misura di politica interna volta a contrastare la congestione di redditi e compensi da capogiro attribuiti a cuor leggero a dirigenti comunali, aziende partecipate e amministratori di enti come l’Inps. Non a caso il dottor Mastrapasqua oltre ad 1,2 milioni di euro l’anno percepisce favori e prebende derivanti dalla gestione ambigua di compagini come Equitalia, Coni e Società Autostrade. In pratica l’UE preferisce lavarsi di soppiatto le mani in ordine a tutte quelle questioni scabrose suscettive di ledere gli interessi di coloro che portano acqua al suo mulino; del resto i panni sporchi si lavano sempre in famiglia. Poco importa se gli amministratori del nostro paese dovessero mostrarsi permanentemente al soldo di padroni e padrini o abitualmente dediti a ribaltoni su IMU e riforme varie. Chi desidera invocare Iddio per rimettersi alla Sua infinita misericordia può  iniziare a pregare sin da ora; il resto è poco più  di un dettaglio, anche se si tratta di un macello istituzionale. Da simili premesse si può immaginare a ragion veduta che nei prossimi 2 anni di aleggiante commissariamento europeo peraltro già evidentemente predisposto e radicato, chiese e luoghi di culto saranno saturi di disperati in cerca di religioso conforto e speranze da auspicare. Difatti, secondo esperti ed analisti il peggio deve ancora arrivare, dal momento che il 50% delle imprese con meno di 50 dipendenti pensa di abbassare le saracinesche entro  e non oltre due anni a causa di fisco e burocrazia massacranti. Un pessimo presagio per piccole e medie imprese campane e casertane che non oltrepassa minimamente le razionali aspettative dettate dall’amara realtà. Tra l’altro una quota di poco inferiore ad un terzo dei finanziamenti accordati a  piccole e medie imprese assolve alla funzione di fronteggiare oneri ed imposte invasive, quando invece dovrebbe essere dirottata su  nuove assunzioni ed investimenti produttivi. Ma il “pacco” vero e proprio ce lo hanno premurosamente confezionato i nostri legislatori, i quali hanno capito che per lacerare il tessuto economico del nostro paese, non basta metterlo in ginocchio, ma occorre abbattere qualunque forma di certezza del diritto per schiudere crescenti spazi di impunità civile, penale e tributaria ad uso e consumo di oligarchie precostituite che un attivo e solerte sindaco di un capoluogo campano, sicuramente non quello di Caserta, non ha esitato a definire “moralisti da salotto”. Difatti, nel 2012, secondo un accreditato rapporto effettuato sulla legislazione della Camera dei deputati, sono stati varati circa 101 atti normativi che contenevano quasi 3 milioni di caratteri: un incremento di quasi il 33% rispetto al 1962. In pratica ci sono meno leggi di prima, ma sono sostanzialmente più contorte, a differenza di altri paesi europei dove la proliferazione legislativa è più chiara  e regolare. Anche su questo delicato argomento che Federico II di Svevia avrebbe affrontato con maggiore lealtà e sapienza da cultore giuridico quale era, purtroppo, l’UE tace del tutto. Probabilmente perché dietro la sconforto del debito e il caos legislativo quadrano definitivamente conti ed interessi di pochi eletti ed onnivori lestofanti.

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un commento

  1. E’ la prima volta che ho il piacere di leggere un articolo che riporta fatti attuali partendo da riferimenti storici tanto lontani. Complimenti. Concordo, pienamente ed in tutto e per tutto, con l’analisi fatta dall’Autore dell’articolo. Personalmente, purtroppo, devo constatare che oggi l’Europa non è ancora una e non è in pace. Negli anni appena passati le guerre tra gli stati europei si combattevano con le armi in nome dell’amor di patria; oggi tra gli stati europei è in atto una guerra incruente, subdola, senza spargimento di sangue, senza apparenti sanzioni, finalizzata ad annientare l’altro economicamente. Si è unificata la moneta ma non le banche, non il sistema fiscale, non una politica comune che elimini il concetto di individuo di classe A e di classe B. Ciascun stato ha una propria politica economica, una propria politica sociale, una propria politica fiscale. Vi è un parlamento europeo, ma emette solo direttive per richiamare poi gli stati inadempienti e punirli con multe pecuniarie, spesso molto elevate, ma quale è la norma unificante cui si ispira la direttiva? Prima di pontificare la comunità si rende conto delle realtà dei singoli stati, spesso una direttiva può trovare facile applicazione per lo stato A ma non altrettanto per lo stato B. Manca una cultura comune, un livello di istruzione comune. Manca l’integrazione europea del modo di vivere, di sentire e percepire. Purtroppo occorreranno molti anni perché possa aversi una Europa veramente unita, solo allora, forse, non ci sarà più prevaricazione di uno stato su un altro. L’Europa può salvarsi solo se si riuscirà a fare gli stati federali con una politica unica, con una unica economia. La moneta da sola non basta.