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VAIRANO PATENORA – Cava Pizzomonte, ecco la verità sull’uso civico. La regione smentisce l’amministrazione comunale: gli usi civici non possono essere cancellati

VAIRANO PATENORA – Un documento della Regione Campania fa chiarezza sulla questione dell’ampliamento della cava Pizzomonte. Smentita l’amministrazione comunale, quella guidata dal sindaco Giovanni Robbio e quella attuale guidata dal primo cittadino Bartolomeo Cantelmo.

La nota della regione è indirizzata  Alla Procura Repubblica presso il Tribunale Santa Maria Capua Vetere (CE),  Alla Procura DDA di Napoli-Ai Genio Civile di Caserta, Al Consigliere Lino Martone Via C. Menotti 20 1.11 Vairano Patenora (CE),  All’Autorità Bacino Volturno-Garigliano Caserta, Alla Sovrintendenza Beni Culturali e Ambientali di Caserta. L’oggetto è:  Cava ITALCAL – Comune di Vairano Patenora (CE). – Esposto Consigliere di minoranza Sig. Lino Martone. Trasmissione nota regionale prot. 2013. 0733196 del 23/10/2013 del Settore Bilancio e Credito Agrario.

“In relazione all’esposto del 16 ottobre 2013 del Sig. Lino Martone si’trasmette, allegata in copia, la nota in oggetto indicata.

“In relazione alla nota del tecnico comunale di codesto Ente Prot. n. 8324 del -1.10.2013, al Prot. della Regione Campania 2013.0696834 del 10/10/2013 ed alla deliberazione di cui all’oggetto, si richiamano la nota del Settore Bilancio e Credito Agrario – Servizio Amministrativo (Usi Cìvici) a! Prot. della Regione Campania 2003.0393684 del 24/07/2003, indirizzata al Settore Provinciale del Genio Civile di CASERTA e p.c. Al Signor Sindaco del Comune di Vairano Patenora, citata nella nota dello scrivente al Prot. della Regione Campania 2010.1037510 del 30/12/2010 e la nota al Prot. della Regione Campania 2010.1037510 del 30/12/2010, trasmessa a codesto Comune con nota al Prot. della Regione Campania 2011.0005239 del 04/01/2011, e si ribadisce, nuovamente, il dissenso di questo Ufficio al mutamento di destinazione delle aree gravate da usi civici indicate nella stessa deliberazione della Giunta Comunale di Vairano Patenora n. 121 del 23-09-13. Al riguardo si fa presente che con nota indirizzata anche al Settore Provinciale del Genio Civile di Caserta al Prot. della Regione Campania 2010.1037510 del 30/12/2010 era stato ribadito il dissenso dello scrivente al mutamento di destinazione delle aree gravate da usi civici anche con riguardo al progetto indicato nel Decreto Dirigenziale n. 88 del 13.12.2010 e che la predetta nota al Prot. della Regione Campania 2010.1037510 del 30/12/2010 ha segnato la chiusura del procedimento de quo.

Si prega, inoltre, di comunicare se sia stata data esecuzione al suddetto provvedimento al Prot. della Regione Campania 2003.0393684 del 24/07/2003, mediante rilascio dei terreni gravati da uso civico da parte degli eventuali occupatori sine lindo, da documentare con gli estremi dei verbali sullo stato di consistenza dei luoghi e di immissione in possesso da parte de! Comune.

In ogni caso si invitano le SS.LL. a porre in essere le attività di tutela, ai sensi dell’art. 823 del codice civile, a difesa del possesso e della proprietà pubblica e ad attuare i provvedimenti di rigetto delle domande di mutamento di destinazione che siano divenuti esecutivi.

Secondo T.A.R. Salerno: “(…) L’art. 12, comma 2, L. 1766/1927 stabilisce che le terre collettive continuano ad essere soggette ad un regime d’indisponibilità e di destinazione vincolata alle primarie esigenze della comunità, salvo casi particolari e specifici. Periamo, i cornimi sono privi della facoltà di disporre, di terreni sui cui insistono usi civici, essendo questi sottoposti a vincolo ili indisponibilità, dì inalienabilità e di destinazione (cfr. Cass. Civ., sez IH 3.2.2004, //. 1940; sez. V, ih 1/993 de/rS.8.2003) ed al regime di cui all’art. 27 d.p.r. ri. 3H0/2001. (…) (T.A.R. Salerno Sezione Prima Seni. N. (10174/2012 REG.PROV.COLL. del 20 ottobre 2011(.

Secondo Consiglio di Stato, tra l’altro, legislatore, nel disciplinare la destinazione delle  terre sulle quali gravano usi civici all’art. 12, 11° co. della L. n.1766 cit, ha sancito, in via di principio, l’inalienabilità e l’impossibilità di mutamento dì destinazione, dei terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente e — solo in via di eccezione— salva la possibilità di richiedere l’autorizzazione (oggi di competenza della Regione in luogo del Ministero) a derogare dai predetti limiti. Tale deroga all’utilizzazione del terreno, comportando necessariamente limitazioni dei diritti d’uso civico per le collettività citi appartengono, anche oggi ha carattere tìpicamente eccezionale e non può né deve risolversi nella perdita dei benefìci, anche solo di carattere ambientale per la generalità degli abitanti, unicamente a vantaggio di privati (cfr. Consiglio Stato sez. IV 25 settembre 2007 n. 4962; Consiglio Stato sez. VI 6 marzo 2003 n. 1247).(…)

In tale direzione, se i beni di uso civico sono di norma inalienabili, incommerciabili ed insuscettibili di usucapione, esattamente il TAR ha fatto proprio l’univoco orientamento della Corte di Cassazione, per cui essi sono sostanzialmente riconducibili al regime giuridico della demanialità (cfr. dì recente Cass. Civ. Ili, 28 Settembre 2011 n.19792; Cass. Civ. Ili, 28 Settembre 2011 n.19792; Cass. Civ., sez III, n. 1940/2004; idem Sez. V, n. 11993/2003).(…)

Infatti, se i diritti appartengono alla collettività e questi sono solo amministrati dal Comune sotto ìl controllo delta Regione, è evidente che le relative dinamiche procedimentali dì gestione non solo debbano corrispondere al predetto assetto istituzionale, ma soprattutto debbano comunque avvenire nel rispetto dei cardini della pubblicità, imparzialità, trasparenza e non discriminazione in quanto, analogamente alle concessioni di beni demaniali, anche qui il procedimento finisce per costituire un utilizzo privato di beni delia collettività che, nel favorire le possibilità di lucro di un determinato imprenditore in danno degli altri, altera le naturali dinamiche del mercato (arg. ex Corte Conti 13 maggio 2005 n. 5). (…) ” [cfr.Cons. Stato Sezione Quarta n.1698/2013].

Secondo Cassazione: “(…)Al riguardo va premesso che le questioni di diritto intertemporale che si pongono in riferimento alla disciplina degli atti amministrativi vanno risolte, in linea di massima, nel rispetto del principio di irretroattività delle leggi (art. 11 preleggi) e secondo la regola generale, operante in tutti i casi in cui manchi una diversa statuizione particolare, del “tempus regit actum”. La giurisprudenza amministrativa e contabile che, in considerazione del riparto di giurisdizione, è quella che “exprofesso”, più di frequente, è stata chiamata a pronunciarsi in ordine a siffatte questioni, ha ritenuto, con conclusione che si condivide, perché corretta e convincente, che siffatto principio “applicato nel campo dei procedimenti amministrativi, comporta che ciascun atto della serie procedimentalc deve uniformarsi alla normativa vigente al momento in cui il procedimento, o una sua fase, si sìa concluso, intendendosi per procedimento conchiuso quello per il quale si sia esaurita la fase di decisione (fase costitutiva), anche se non si è ancora completata quella dell’integrazione dell’efficacia” (Corte dei Conti, Sez. conti:. 28settembre 1989, n. 2157; analogamente, Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 1999, n. 694; Cons. giust. amm., Sez. giur.. 3 luglio 2001. n. 302). (…)” [Cassazione Civile Sent. n. 16302 del 30-10-2003].
ECCO LA COPIA DEI DOCUMENTI

 

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