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TEANO – Ricordate l’Unicoop? Era l’azienda di Totò Riina, Nuvoletta e dei Lubrano. Poi diventò dei Casalesi. Ecco il racconto di Carmine Schiavone

TEANO –  L’industria conserviere di Teano – la famosa Unicop – era un’azienda creata e gestita dalla malavita organizzata. Ad affermarlo è il pentito Carmine Schiavone durante la sua audizione innanzi alla commissione Antimafia. Nelle pagine 16 e 21 il pentito racconta di come l’industria fu sottratta ad un gruppo malavitoso coordinato da Totò Riina, Nuvoletta e Lubrano per passare nelle mani dei Casalesi.

Alla pagina 16

PRESIDENTE. Chi era il responsabile presso il clan del traffico dei rifiu­ti?

CARMINE SCHIAVONE. Il responsabile era Gaetano Cerci. Noi siamo nati mafiosi, con il gruppo Bontade e con Riccobono. Nuvoletta era il rappresentante regionale per la Campania. Poi ne siamo usciti nel 1984, dopo una guerra contro i Nuvoletta e contro il gruppo Riina. Noi erava­mo dei perdenti, mentre a Napoli diventammo i vincenti. Tutto questo è ampiamente verbalizzato e penso che lei ne sia a conoscenza. Forse, lo vuol sapere per curiosità… Ammazzammo il direttore dell’ASI, una società collegata al gruppo Riina, ed assorbimmo l’UNICOP, un’indu­stria conserviera di Teano. Inoltre, bloccammo 600 ettari di frutteto del gruppo Riina (con i Nuvoletta) e mandammo via gli operai. In so­stanza, cacciammo il gruppo vincente dal business dei consorzi di calce­struzzo e di inerti e rimase soltanto Peppe Polverino con la CAF 90. Dopo la morte di Bardellino, ci fu un avvicinamento tra noi e i Nuvoletta. Poiché io ero il coordinatore per creare il Procal, un consorzio (noi avevamo già il Cedic), cercammo di creare tale consorzio tra i produttori di calcestruzzo della Campania, per fissare un prezzo unico. A quel punto, la pressione venne dal gruppo Ferruzzi, attraverso l’ingegner Rambaldi, nostro associato nella zona. I Nuvoletta si avvi­cinarono a noi, cercando di entrare in certi business. Noi li avevamo chiusi nella zona da Marano fino a Pianura (diciamo la Montagna spaccata e Quarto) e non li facevamo uscire. Dopo aver cercato l’accordo con noi, tentarono di ottenere la presidenza del Procal, attraverso Peppe Polverino, il quale era socio del figlio di Lorenzo Nuvoletta e del marito della figlia (che sarebbe il figlio di Vincenzo Lubrano), per la gestione della CAF 90. Rambaldi diceva… In una riunione che abbiamo fatto al Reggia Palace Hotel il 13 dicembre 1990, per lanciare le basi della Procal e per l’assorbimento totale dell’Eurocem… Non so se posso dire certe cose perché sono ancora coperte da segreto istruttorio.

Alla pagina 21

PRESIDENTE. Vorrei capire bene. Nonostante sui territori da voi controlla­ti aveste ancora molta potenzialità per sotterrare i rifiuti, in virtù di una guerra di clan vi siete estesi…

CARMINE SCHIAVONE. Sì, per assorbire… L’Unicop l’abbiamo assorbita noi. L’Unicop, che era di Riina, Nuvoletta e Lubrano, l’abbiamo assorbita noi, così come abbiamo assorbito tutti i centri AIMA e tutte le associazioni che operavano in questo consorzio tra Salerno, Napoli e Caserta. Erano tutte controllate. Ad esempio, una la gestivo io, un’altra mio cugino Sandokan, un’altra De Falco, un’altra Bidognetti. Bidognetti, in effetti, è passato nei vertici proprio per la faccenda dell’immondizia, perché prima era un po’ in disgrazia. C’era tutto un complesso affaristico esteso a tutti i livelli e a tutti i settori. Noi, per esempio, “facevamo” i sindaci.

PRESIDENTE. Dove?

CARMINE SCHIAVONE. In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta. Noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero. C’è la prova… Io, ad esempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a fare eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani. Dopo la guerra con i Bardel1 ino… Ci avrebbe fatto piacere anche se fosse rimasto socialista, perché era la stessa cosa. Per esempio, a Frigna­no avevamo i comunisti. A noi importava non il colore ma solo i soldi, perché c’era un’uscita di 2 miliardi e mezzo al mese. Posso raccontare un aneddoto, anche perché è già stato verbalizza­to ed i protagonisti sono agli arresti, tranquilli. A Villa Literno, che era di mia competenza, ho “fatto” io stesso l’amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto, perso­ne con parvenze pulite ed abbiamo fatto eleggere dieci consiglieri, mentre prima ne prendevano- tre o quattro. Un seggio lo hanno preso i repubblica­ni, otto i socialisti ed uno i comunisti (un certo Fabozzo). La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno. Io li ho riuniti e ho detto loro: “tu

UNICOOP e l’affare CIRIO

Nell’affare SME – siamo nel 1985 – entra in scena l’Unicoop di Teano . In quell’epoca, infatti, il gruppo Unicoop di Teano (Caserta) con oltre 400 miliardi di fatturato nel campo agroalimentare annunciòi di avere offerto a De Benedetti la propria partecipazione azionaria al 10% del capitale della finanziaria per la conduzione delle aziende della Cirio. Il gruppo Unicoop aveva stabilimenti nel Mezzogiorno d’ Italia, seimila soci, controllava quasi un terzo della produzione del prodotto fresco trasformato nell’ Italia meridionale. L’ ufficio stampa del gruppo – era il primo giugno 1985 – fece sapere  “che intendeva dare una mano a De Benedetti per il maggior mantenimento dei livelli occupazionali in Campania nel settore agroalimentare. Il gruppo Unicoop che con vari marchi esportava in tutto il mondo (pomodori pelati, concentrato, succhi, farina di soia, grano, frutta allo sciroppo, latte, vino, olio, surgelati e precotti) si era già inserito nella trattativa Cirio-Sme chiedendo di rilevare le aziende campane, compresi i marchi Cirio e Berna. Intanto mentre l’ Iri valuta le diverse offerte fatte dalle “cordate” via via fattesi vive in questi giorni, non accenna a placarsi la polemica tra i partiti, ma soprattutto tra Psi e Dc. Francesco Forte scrisse sul giornale del partito che quando si vende un grande complesso il prezzo deve essere attentamente valutato perchè nel caso dell’ Iri “bisogna operare secondo criteri di economicità”.

 

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