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foto di repertorio

CASERTA – Impianto rifiuti a Caserta, gli ambientalisti:sembra destinato a produrre CDR da bruciare nei cementifici

CASERTA – Impianto rifiuti a Caserta. Il Com.E.R.: pessimo lo studio di fattibilità. Non riporta la potenzialità degli impianti, né si preoccupa di verificare quali sono i vincoli all’allocazione e più che recuperare materia sembra destinato a produrre CDR (da bruciare nei cementifici?).

Dopo l’ennesimo annuncio a mezzo stampa da parte del Sindaco Del Gaudio di un nuovo impianto, quello che si vuole realizzare in località Ponteselice a Caserta, e che viene presentato come  la soluzione ai problemi dei rifiuti della città, l’esame della documentazione dimostra ancora una volta che la realtà è ben diversa da quella annunciata. Si tratta infatti di uno studio di fattibilità inadeguato che lascia troppi interrogativi irrisolti per un impianto di trattamento rifiuti che, stando a quanto sinteticamente riportato nel documento, non sarebbe null’altro che un impianto di trattamento meccanico biologico (quello che avrebbe dovuto essere l’ex impianto CDR di Santa Maria Capua Vetere),  al quale si prevede di aggiungere un digestore anaerobico per la frazione organica. Nello studio, poi, non è riportata nemmeno la potenzialità degli impianti, dato essenziale per valutarne la fattibilità. La novità, se così si può dire, sarebbe che oltre alla produzione di combustibile da rifiuto (cosiddetto CSS, in realtà null’altro che una specie di CDR, con quantitativi di cloro e di mercurio entro certi limiti) l’impianto dovrebbe consentire di estrarre dal rifiuto residuo indifferenziato quei materiali (come vetro, metalli e plastiche) che potrebbero essere opportunamente riciclati. Ma, mentre siamo moderatamente fiduciosi che frazioni non combustibili come i metalli e il vetro (di solito presenti in quantità trascurabili nel rifiuto residuo) verrebbero riciclate, siamo molto dubbiosi che in un impianto che produce combustibile si ricicli in maniera soddisfacente la plastica, che è quella con il maggior potere calorifico. Come a dire che o si brucia o si ricicla.

Che fine farà, poi, questo Combustibile da rifiuto in uscita dall’impianto? Escludiamo che possa andare ad alimentare il già saturo impianto di Acerra:  si prospetterebbe così l’infausta ipotesi di un ennesimo stoccaggio a lungo termine in attesa della costruzione di un nuovo contestatissimo impianto di incenerimento o quella altrettanto infausta di un suo utilizzo nei cementifici campani. Lo studio di fattibilità non dà indicazioni precise in merito ma accenna a questa seconda possibilità. Eppure il Sindaco Del Gaudio  non più tardi di otto mesi fa si schierava apertamente contro la norma voluta dall’allora Ministro Clini che consentiva l’utilizzo del CSS nei cementifici. C’è da chiedergli se oggi abbia cambiato idea e come si giustificherà dinnanzi alla cittadinanza. Eppure, anziché produrre combustibile, basterebbe prevedere un impianto di estrusione sul modello di quello esistente presso il Centro Riciclo di Vedelago per riciclare sotto forma di sabbie sintetiche (dagli svariati usi, soprattutto in edilizia) anche quella parte di rifiuto residuo altrimenti non riciclabile.

Qualche perplessità la nutriamo anche in merito alle modalità con le quali si intende trattare la frazione organica. Lo studio di fattibilità ipotizza che l’impianto gestisca contemporaneamente sia quella raccolta in maniera differenziata che quella rimossa dal rifiuto indifferenziato residuo. Questa commistione avrebbe la nefasta conseguenza di contaminare anche la frazione da RD rendendola non più idonea, a norma di legge, all’ottenimento di compost di qualità; ammesso che chi gestisce un digestore anaerobico abbia interesse a produrre tale fertilizzante e non gli sia invece sufficiente lucrare sugli incentivi derivanti dalla produzione di energia elettrica.

Resta un’altra fondamentale questione dalla quale, a nostro parere, non è possibile prescindere. L’impianto di Ponteselice non è previsto da nessuno strumento di pianificazione in materia di rifiuti né ci si è preoccupati di accertare, nello studio di fattibilità, se l’area prescelta per la sua localizzazione, peraltro indicata in maniera assai generica, sia o meno idonea, in base a vincoli vigenti, all’allocazione di una tale tipologia di impianto. Se passasse la linea del Sindaco di Caserta, che ogni comune possa realizzare il proprio impianto a prescindere da qualunque pianificazione, ci troveremmo di fronte ad un proliferare incontrollato di impianti e ad un caos gestionale non molto dissimile da quello che abbiamo vissuto fin qui. Eppure sarebbe sufficiente, con pochi milioni di Euro, ristrutturare l’impianto ex CDR di Santa Maria in un impianto per il recupero di materia, per gestire correttamente tutto il rifiuto residuo prodotto in provincia di Caserta. Lo diciamo da anni, ma nessuna istituzione ci ascolta o ci vuole ascoltare.

Ci consenta il Sindaco un ultimo appunto sul metodo. A dispetto delle sue frequenti esternazioni a proposito della trasparenza e del coinvolgimento della società civile da parte della sua Amministrazione anche stavolta siamo venuti a conoscenza del provvedimento della giunta solo dagli organi di informazione. (comunica stampa –  Com.E.R. – Comitato Emergenza Rifiuti)

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