SESSA AURUNCA / CELLOLE – Emergono nuovi dettagli dalle indagini nate dal tragico incidente durante una battuta di bracconaggio che ha condotto, alcuni giorni fa, alla morte di un 67enne di Sessa Aurunca. E sono dettagli che rendono ancora più amara la tragedia. Antimo Palmieri, accusato di aver sparato, accidentalmente, il colpo che uccise Antonio Padolone, non aveva il porto d’armi. La licenza fu sospesa perché coinvolto, precedentemente, in un litigio e minacce.
I due decisero di andare a caccia di cinghiali nonostante la chiusura della caccia (avvenuta lo scorso 30 gennaio). Quindi non si trattava di una battuta di caccia bensì di un’azione di bracconaggio, in violazione della legge che regola l’attività venatoria. Una tragedia che si sarebbe potuta evitare se le regole fossero state rispettate. Ma le violazioni in questa triste vicenda sono davvero diverse e tutte gravissime. Antonio Padolone, la vittima, 67enne di Sessa Aurunca, avrebbe preso dalla sua casa due fucili, regolarmente detenuti, consegnandone uno nelle mani del suo amico, Antimo Palmieri, 47enne di Cellole, sprovvisto di porto d’armi e di regolare permesso per la caccia. Antimo è indagato per omicidio colposo, porto abusivo di arma da fuoco e violazione della legge che regola l’attività venatoria. Secondo la sua versione fornita ai carabinieri, sarebbe avvenuto tutto per una tragica fatalità, il colpo sarebbe partito accidentalmente durante una caduta. Antonio Padolone sarebbe morto sul colpo.
