Sessa Aurunca (di Tommasina Casale) – Sessa Aurunca è una terra di storie affascinanti, ma poche riescono a catturare l’immaginazione come quella della misteriosa “lettera di dimissioni” firmata, pare, dall’ex sindaco Silvio Sasso. Una storia che sembra uscita da un romanzo giallo, con tanto di minacce, sospetti e continui colpi di scena. Secondo indiscrezioni, questa lettera sarebbe stata firmata da Sasso prima delle ultime elezioni amministrative per convincere un ex consigliere comunale a candidarsi. Un’astuta manovra politica? Forse. L’idea, raccontano le voci, era di assicurarsi che, in caso di sconfitta, e sappiamo com’è andata, questa lettera potesse essere usata per fare spazio in consiglio a un consigliere “designato”. Insomma, un biglietto di ritorno con prenotazione assicurata. Ma, come in ogni buon giallo, c’è un mistero: la lettera non è mai stata usata, o almeno così si dice. E mentre il documento resta avvolto nel mistero, Sasso non ha perso occasione per ribadire, a colpi di PEC e post sui social, che chiunque osi anche solo pensare di presentare quella carta sarà diffidato con forza. Quindi, carta canta? Forse no. E qui arriva la parte interessante. Perché se la lettera esiste davvero, non è stata usata. E se non esiste, perché mai l’ex sindaco sembra così agitato ogni volta che la storia torna a galla? È un rompicapo degno di “Sherlock Holmes” o meglio della “signora in giallo” ma con un risvolto che parla chiaro: “qual è il valore della parola di Sasso se, pur avendo messo tutto nero su bianco, ammesso che sia vero, quella firma è rimasta lettera morta?
Il paragone con altri consiglieri comunali si fa inevitabile. Prendiamo ad esempio Massimo Schiavone, che senza bisogno di lettere misteriose ha rispettato il suo impegno, dimettendosi per lasciare spazio a Guido Marino. O Alberto Verrengia, che ha passato il testimone a Mario Truglio senza battere ciglio. Quando la parola data vale più di qualsiasi documento, firmato o meno, tutto fila liscio. Il caso della “lettera fantasma” potrebbe dirci molto su come l’ex sindaco interpreta il concetto di “parola d’onore”. Morale della storia? “A volte basta una stretta di mano mentre a volte non basta nemmeno una firma”.