Nel 2023, 1,3 milioni di minorenni sono in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 14 per cento. Nel triennio 2021-2023, sottolinea l’Istat, le retribuzioni contrattuali orarie sono cresciute a un ritmo decisamente inferiore a quello osservato per i prezzi, con una differenza particolarmente marcata nel 2022 (7,6 punti percentuali): tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono complessivamente aumentati del 17,3%, mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 4,7%.
Peggiorano gli indicatori di povertà assoluta che hanno raggiunto nel 2023 “livelli mai toccati negli ultimi 10 anni” e, contemporaneamente, crescono i lavoratori poveri con “il reddito, in particolare quello da lavoro dipendente, ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico”. È il quadro presentato dall’Istat nel rapporto annuale 2024. Tra i più poveri ci sono i minorenni: 1,3 milioni sono in condizioni di povertà assoluta. L’Istituto punta anche i riflettori sul reddito di cittadinanza sottolineando come l’erogazione della misura “ha permesso di uscire dalla povertà a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022”. Tutto questo mentre il Pil pro capite nazionale, in termini reali, solo nel 2023 ha recuperato il livello del 2007. Ma rispetto al 2022, il recupero è stato pieno solamente al Nord, mentre il Centro, le Isole e il Sud registrano uno svantaggio, rispettivamente, di 8,7; 7,3; 3,4. Non solo pertanto il Mezzogiorno non migliora ma è il Centro a registrare il più alto peggioramento dei parametri, avvicinandosi ai dati delle regioni del Sud.
La povertà assoluta ha colpito in Italia il 9,8% degli individui e l’8,5% delle famiglie, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e di 5 milioni 752 mila individui in povertà. Record in negativo negli ultimi 10 anni. “L’incremento di povertà assoluta ha riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figli“, sottolinea l’Istat. Gli indicatori di povertà negli ultimi 10 anni mostrano una “convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento”, aggiunge l’Istituto. Nell’arco del decennio considerato, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è salita dal 6,2 all’8,5 per cento, e quella individuale dal 6,9 al 9,8 per cento. Rispetto al 2014 sono aumentate di 683 mila unità le famiglie in povertà (erano 1 milione e 552 mila) e di circa 1,6 milioni gli individui in povertà (erano 4 milioni e 149 mila). L’incidenza di povertà assoluta familiare è più bassa nel Centro (6,8 per cento) e nel Nord (8,0 per cento sia il Nord-ovest sia il Nord-est), e più alta nel Sud (10,2 per cento) e nelle Isole (10,3 per cento). Lo stesso accade per l’incidenza individuale: 8,0 per cento nel Centro, 8,7 nel Nord-est, 9,2 nel Nord-ovest e 12,1 per cento sia nel Sud sia nelle Isole. Tra il 2014 e il 2023, l’incidenza familiare aumenta molto nel Nord (nel Nord-ovest, dal 4,6 all’8 per cento; nel Nord-est, dal 3,6 all’8 per cento), sale in maniera più moderata nel Centro (dal 5,5 al 6,8 per cento) e nel Sud (dal 9,1 al 10,2 per cento) e rimane pressoché stabile nelle Isole (dal 10,6 al 10,3 per cento). L’incidenza individuale sale nel Nord-ovest dal 5,9 al 9,2 per cento; nel Nord-est da 4,5 a 8,7; nel Centro da 5,7 a 8,0; nel Sud da 8,9 a 12,1 e nelle Isole da 11,8 a 12,1.
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