(di Sandrino Luigi Marra) – Sarebbe possibile allo stato attuale delle cose in Palestina pensare che l’ideologia di Nethanyau sia una ideologia genocida? Egli nei suoi numerosi incontri all’ONU e negli USA continua a parlare di difesa di Israele, verso coloro che lo attaccano, gira e rigira intorno alla questione Gaza e CisGiordania cercando di formulare giustificazioni ed intenzioni oggi di fatto divenute ambedue inaccettabili. Non sorprende affatto il gesto di decine di governi che la scorsa settimana all’Assemblea Generale dell’ONU hanno abbandonato l’aula. Nethanyau ed il suo governo hanno trasformato Israele nella nazione più violenta del mondo e ciò è dovuto agli estremisti violenti che ora controllano il governo del paese; essi sono messianici e credono con convinzione assoluta che il paese abbia la licenza biblica, il mandato religioso per distruggere il popolo palestinese contro ogni diritto internazionale ed in violazione totale di questo. E lo fanno attenendosi saldamente al libro biblico di Giosuè secondo il quale Dio promise agli Israeliti la terra dal deserto del Negev a sud fino alle montagne del Libano a nord, dal fiume Eufrate ad est fino al Mar Mediterraneo o Ovest. Il passo biblico così recita:“ Il tuo territorio si estenderà dal deserto e da questo Libano fino al grande fiume, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Hittei fino al Mar Grande, a ovest.”.
Si potrebbe pensare che tale rivendicazione messianica giunga da una frangia sociale e politica del paese di carattere fondamentalista, e che il capo del governo negli ultimi tempi parli cercando di bilanciare e bilanciarsi anche mediando con le richieste dei membri del governo stesso. Ma la scorsa settimana all’Onu Nethanyau ha riproposto con forza ancora una volta la rivendicazione di Israele su basi bibliche: “Quando ho parlato qui l’anno scorso, ho detto che ci troviamo di fronte alla stessa scelta senza tempo che Mosè pose di fronte al popolo di Israele migliaia di anni fa, quando stavamo per entrare nella Terra Promessa. Mosè ci disse che le nostre azioni avrebbero determinato se avremmo lasciato in eredità alle generazioni future una benedizione o una maledizione”.
Gli estremisti di Israele credono dunque che Israele abbia licenza biblica o meglio un mandato religioso per distruggere il popolo palestinese, guardando Giosuè quale comandante israelita che succedendo a Mosè guidò gli eserciti di Israele nella conquista genocida della Terra Promessa, interpretando alla lettera gli scritti biblici del libro di Giosuè. Eppure archeologicamente ed in buona pare storicamente i racconti del libro sono interpretabili veramente come un racconto e quasi null’altro; esso è una narrazione, impregnata di gesta guerriere di distruzione e conquiste di città e villaggi, non più e non meno di altri racconti di altri luoghi quali le gesta di Ramsesse II, o l’antico racconto dell’epopea di Gilgamesh, o dell’Iliade e dell’Odissea. Di fatto racconti e poemi costruiti per dare risalto a monarchi, guerrieri e semidivinità, in narrazioni affascinanti, coinvolgenti, in cui si esprime spesso potenza guerriera di popoli e di uomini quasi immortali (basta pensare ad Achille, Ulisse, o a Ramsesse che guida di persona cariche di cavalleria anche se forse mai ha messo piede su un campo di battaglia). Sono eroi quasi divinizzati di certo eroicizzati nelle imprese, per dare una immagine al singolo ed al popolo spesso guerriero; sono narrazioni e racconti e poemi di costruzione mitica e di spavalderia politica che era oltremodo comune nell’antichità. Gli ebrei fondamentalisti aderiscono ad un testo del VI° sec. a. C. e propongono di vivere ed uccidere secondo la propaganda politica del VI sec. a.C., sono di fatto fuori passo con le forme accettabili di politica e diritto internazionale di ben 2.600 anni. Chiamare ancora oggi la terra ad ovest del Giordano il “cuore della Terra di Israele” è sorprendente e lo è poiche Israele è una parte della terra ad ovest del Giordano non l’intera terra.
E’ non più e non meno come se volessimo adottare la legge del taglione di biblica memoria rispetto alle attuali leggi sociali. Israele è vincolato dalla carta della Nazioni Unite e dalle convenzioni di Ginevra, non dal libro di Giosuè e secondo il diritto internazionale i confini di Israele sono quelli del 4 Giugno 1967, non dall’Eufrate al Mar Mediterraneo. La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia non è una sentenza contro lo Stato di Israele in sé, ma bensì è una sentenza solo contro l’estremismo e la malevolenza da entrambe le parti del divario. Esistono due popoli, certamente non senza divisioni interne alle due comunità, ma con il diritto internazionale che richiede due Stati che vivano fianco a fianco in pace e non la situazione totalmente intollerabile e illegale dello status quo attuale, in cui Israele governa brutalmente il popolo palestinese. E dunque la sfrontatezza israeliana guidata dal fondamentalismo religioso che si attiene saldamente al libro di Giosuè, sta macchiando inesorabilmente la memoria di quei milioni di ebrei che un fondamentalismo ed una sfrontatezza diversa portarono alla morte. Sarebbe il caso di riflettere su ciò e soprattutto da parte di altri attori l’avere il coraggio di fare e non di strumentare.
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