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TEANO – Abusi sessuali e rapina in convento: arrestato Padre Nicola Gildi. Volto noto in città

TEANO – Per molti anni è stato padre guardiano al convento di Sant’Antonio, nel capoluogo sidicino. Poi, nel 2019, è stato trasferito ad Afragola e circa un anno fa il nuovo trasferimento al convento di Piedimonte Matese, Santa Maria Occorrevole. Trasferimento argomentato con motivi di salute. Proprio qui, all’alba di questa mattina, i carabinieri lo hanno prelevato, ammanettato e trasferito in carcere. Padre Nicola Gildi è un volto molto noto a Teano ma anche nei paesi vicini, soprattutto fra i tanti fedeli che frequentano la struttura sacra di Sant’Antonio.

L’indagine:
In cella sei persone – l’inchiesta è partia dalla rapina di un cellulare – per l’accusa utile a sottrarre un cellulare con chat e immagini compromettenti, immagini compromettenti che avrebbero danneggiato alcuni frati: questo il movente che avrebbe spinto a commissionare la rapina di un cellulare. E’ questo l’esito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli Nord e dai carabinieri di Afragola che ha portato a misure cautelari in carcere per sei soggetti, fra i quali un sacerdote di un convento casertano. Sono accusati di rapina aggravata in concorso e di violenza sessuale. Il parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola (Napoli), padre Domenico Silvestro, è accusato di violenza sessuale; padre Nicola Gildi, 55 anni, all’epoca dei fatti ad Afragola e raggiunto oggi dai carabinieri nel Convento di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte Matese, è invece ritenuto responsabile di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale. Poi ci sono i due autori materiali della rapina, Danilo Bottino, 20 anni, e Biagio Cirillo, che ne compie proprio oggi 19, il primo con precedenti, l’altro incensurato; Antonio Di Maso, 43 anni, accusato di avere fatto da intermediario tra il frate mandante e l’organizzatore della rapina. Ancora, l’organizzatore con cui il frate-mandante è entrato in contatto, Giuseppe Castaldo, 52 anni, come Di Maso imprenditore di Afragola. Castaldo, secondo gli investigatori, avrebbe anche avuto legami con la criminalità organizzata di Marigliano. Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di una articolata attività di indagine avviata nel mese di aprile di quest’anno a seguito della denuncia sporta da due uomini residenti ad Afragola vittime di una rapina commessa da due soggetti, travisati e muniti di mazze e coltello, che dopo aver fatto irruzione nella loro abitazione, sfondando la porta di ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare, tentando invano di impossessarsi anche di un altro telefono dandosi poi alla fuga. Dalla ricostruzione dei militari dell’arma, il raid presentava alcune anomalie e veniva ricondotto dalle vittime a pregressi rapporti con alcuni frati del territorio campano e ad abusi e violenze sessuali subite.

IL MOVENTE:
Sulla base delle dichiarazioni rese dalle vittime venivano attivate operazioni di intercettazione telefonica ed acquisite le immagini dai sistemi di video sorveglianza presenti lungo il percorso seguito dai rapinatori indicato dettagliatamente dalle vittime. Le indagini, giovatesi degli elementi forniti dalle vittime che nel frattempo avevano anche riconosciuto in foto i rapinatori, consentivano di accertare il contesto in cui era maturata la rapina e di acquisire granitici riscontri alle dichiarazioni rese dalle vittime anche sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola, nonché di svelare il motivo per il quale i rapinatori avevano asportato esclusivamente il telefono cellulare e non anche altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione delle vittime. Sarebbe chiaramente emerso dalle intercettazioni che la rapina era stata commessa per sottrarre alle due vittime i telefoni in cui erano memorizzate immagini e chat a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le vittime.

L’ACCUSA:
In particolare, dalle operazioni di intercettazione telematica e telefonica emergeva che a dare il mandato per compiere la rapina fosse stato il parroco di Afragola che rivolgendosi ad altri soggetti che avrebbero dovuto assoldare gli esecutori materiali, poi individuati negli odierni indagati tratti in arresto, avrebbero recuperato i telefoni cellulari in possesso delle vittime. Nel corso delle indagini, inoltre, veniva acquisita una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose). Le indagini svolte successivamente, anche attraverso l’escussione di un altro frate a conoscenza delle violenze sessuali e del movente della rapina, confermavano la riconducibilità del mandato a commettere il grave fatto criminale ad un frate, tratto in arresto, che spinto dal forte timore di affrontare le conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze supportata da chat, video e messaggi contenuti nella memoria dei telefoni cellulari in loro possesso, si era rivolto a suoi conoscenti per sottrarre i telefoni alle vittime e scongiurare il pericolo.

 

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