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Pietramelara – Droga, parla l’ultimo degli imputati: mai spacciato

Pietramelara – Nell’ultima udienza, quella svoltasi lo scorso 8 luglio 2024, nell’ambito del processo a carico di quattro persone di Pietramelara coinvolte in una operazione tesa alla repressione del fenomeno dello spaccio e del consumo di droga, c’è stata la testimonianza di uno dei quattro imputati. Ha risposto alle domande delle parti e del giudice Marco Ricci; ha spiegato i rapporti con gli altri imputati, assicurando che fra loro non c’è mai stato alcuno scambio di droga, né per cessione, né per mera cortesia. Acquistavano droga solo per consumarla insieme, unicamente per uso personale. Al termine della testimonianza il giudice ha rinviato tutto al prossimo ottobre 2024 quando ci sarà la discussione delle parti. Davanti al giudice ci sono Armando De Rosa (detto Ciccillo), i coniugi Bruno Muoio e Veronica Quadara, Marco Ricci, tutti difesi dall’avvocato Michele Mozzi.
L’indagine: L’operazione, oltre ai quattro indagati di Pietramelara ha coinvolto anche Enzo Rinaldi e Giuseppe Testa di Napoli, ritenuti i fornitori del gruppo di Pietramelara. L’operazione nasce da indagini partite qualche anno  fa e condotte in sinergia dai carabinieri della stazione di Vairano Scalo (guidata dal maresciallo Palazzo) e da quella di Pietramelara (allora guidata dal maresciallo Silvestri).  Secondo l’accusa gestivano nel piccolo comune dell’Alto Casertano, collocato ai piedi del Montemaggiore, linea di confine fra l’Agro Caleno il Caiatino e l’Alto Casertano, due piazze di spaccio diventate in breve tempo punti di riferimento per i consumatori provenienti da tutto l’Alto-Casertano ed anche dal vicino basso Molise. Le due piazze sono state smantellate dai carabinieri che hanno arrestato e posto ai domiciliari sei persone su ordine del Gip di Santa Maria Capua Vetere; tre degli indagati – è emerso – percepivano il reddito di cittadinanza. La loro “piazza”, hanno accertato i carabinieri della Compagnia di Capua, era piuttosto florida e serviva consumatori residenti nei vicini comuni di Presenzano, Pietravairano, Vairano Patenora e la frazione Scalo. Un ruolo di primo piano lo svolgeva la donna, che si occupava oltre che di vendere, anche dell’approvvigionamento della droga; era lei a recarsi a Napoli per rifornirsi o a incontrare i due fornitori, entrambi arrestati, in posti ritenuti sicuri per evitare controlli, in particolare nei pressi del casello dell’A1 di Caianello o lungo la statale Appia nel comune di Pastorano. I due “grossisti” risiedevano nel quartiere napoletano di Secondigliano, e uno percepiva il reddito. L’altra piazza era gestita da due uomini, entrambi arrestati, tra cui un appartenente ad una famiglia di nomadi stanziali da anni residente a Pietramelara, che percepiva il sussidio al reddito.

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