Teano – Prosegue il processo a carico di un gruppo di persone, accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere ed evasione fiscale. Pochi giorni fa c’è stata l’udienza durante la quale il tecnico incaricato ha depositato la trascrizione delle intercettazioni. Subito dopo il giudice ha rinviato il processo al prossimo autunno quanto inizieranno a sfilare i testimoni indicati dalla Procura della Repubblica. Fra gli imputati due noti imprenditori teanesi, attivi nel settore auto: Antonello De Biasio e Paride Corso. Nel collegio difensivo si annoverano, tra gli altri, gli avvocati Bruno La Rosa, Nicola Leone, Guglielmo Ventrone, Fabrizio Zarone, Vincenzo Cortellessa e Ciro Balbo. Il processo è la logica conseguenza di un’articolata attività di indagine, convenzionalmente denominata “FOREIGN CARS”, che ha permesso l’individuazione e la neutralizzazione di un gruppo criminale, con base operativa in Santa Maria Capua Vetere, che ha commercializzato – soltanto negli anni dal 2014 al 2017 – centinaia di veicoli di provenienza comunitaria in totale evasione d’imposta, immatricolati in Italia per mezzo di fatture falsificate ad hoc. L’organizzazione criminale operava attraverso una vera e propria rete di società gestite di fatto dall’organizzatore della frode, tale Raffaele PERRINO cl. 1964. Lo stesso, infatti, ha utilizzato 8 società italiane e 3 con sede nella Repubblica Ceca, tutte intestate a prestanomi compiacenti e evasori totali, che sono state interposte nell’acquisto delle autovetture senza poi assolvere alcun obbligo fiscale. In particolare, il modus operandi del gruppo criminale oggetto di indagini si basava su un duplice sistema di alterazione delle fatture. La prima modalità, ricorrente nella maggior parte dei casi, si concretizzava nell’acquisto intracomunitario di autovetture estere provenienti dalla Germania, dal Belgio e dalla Repubblica Ceca in sospensione d’imposta, attraverso le predette società commerciali italiane. Le fatture rilasciate dalle concessionarie estere venivano poi alterate, indicando falsamente quale acquirente il soggetto privato italiano a cui veniva rivenduto il mezzo ed inserendo, come pagata all’estero, l’Iva relativa che, in realtà, non era stata mai assolta. La seconda modalità consisteva nel far figurare fittiziamente nella fattura quale venditore le società cartiere, con sede in Praga, gestite dal gruppo criminale e come acquirente il soggetto privato italiano, inserendo falsamente, anche in questo caso, l’IVA relativa come assolta all’atto della vendita in territorio estero. In entrambi i casi, il profitto conseguito dall’organizzazione criminale è consistito, oltre che nell’omesso versamento delle imposte da parte delle società utilizzate per le compravendite, anche nell’IVA indicata falsamente in fattura come assolta e riversata al cliente finale che la pagava in buona fede unitamente al prezzo dell’autovettura. Complessivamente sono 12 i soggetti indagati, tra i quali, oltre alle “teste eli legno” che si sono prestate all’intestazione delle società utilizzate per poter effettuare gli acquisti di autovetture nonché all’accensione di conti correnti nazionali ed esteri su cui far confluire i proventi illeciti, anche due segretarie che hanno materialmente predisposto la documentazione contabile fittizia, distruggendo al termine di ogni giornata lavorativa, su disposizione dello stesso Perfino, i documenti commerciali, così da non lasciare traccia degli illeciti commessi. Decisivi per la ricostruzione del sistema di frode e per la quantificazione del volume d’affari illecito, sono stati l’individuazione da parte dei finanzieri del capannone utilizzato dai sodali come base operativa dove concordavano con i clienti gli acquisti da effettuare e dove venivano materialmente falsificate le fatture, come peraltro ammesso da una delle segretarie in sede di interrogatorio, nonché il sequestro di alcuni supporti informatici e apparati di telefonia mobile, sottoposti poi a perizia tecnica con l’estrapolazione dei dati relativi alle numerosissime operazioni illecite poste in essere nel tempo. Nell’ambito delle investigazioni, condotte anche attraverso molteplici intercettazioni telefoniche e ambientali, è emersa, altresì, la complicità di un militare appartenente alla Guardia di Finanza, indagato per rivelazione di atti coperti da segreto d’ufficio, per aver agevolato il PERRINO sia nell’attività illecita, che nel tentativo di vanificare gli approfondimenti investigativi in corso.
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