CELLOLE – Omicidio Caprio: Pietro era ancora vivo quando la macchina bruciava. Ecco come è morto

CELLOLE – I periti nominati dalla Procura della Repubblica non hanno avuto dubbi: Pietro Caprio era ancora vivo quando la macchina ha iniziò a bruciare. Sarebbe morto, quindi, per asfissia. Sono i valori di carbossiemoglobina nel sangue quasi al 10% a togliere ogni dubbio. Significa che mentre il fumo e il fuoco invadevano l’abitacolo Pietro respirava ancora. In sostanza, scrivono i periti nella la loro relazione, il colpo di fucile arrivato nel fianco destro dell’uomo, avrebbe creato uno choc emorragico ma non avrebbe ucciso il professore di Cellole. Pietro sarebbe morto per asfissia, cioè per mancanza di ossigeno.
Secondo i tecnici che hanno eseguito gli accertamenti il corpo di Pietro è stato esposto alle fiamme per oltre un’ora. Questo potrebbe indicare che l’autore del delitto appena dopo aver sparato ha innescato l’incendio della vettura allontanandosi rapidamente dal luogo dei fatti. Per quel delitto è in stato di arresto (ai domiciliari) Angelo Gentile, un ultraottantenne del posto difeso dall’avvocato Gabriele Gallo.  Sarebbe stato lui, Gentile, secondo la Procura a sparare e poi bruciare l’auto. Tutto in poco più di 10 minuti. Un super lavoro, insomma, per un anziano che ha anche difficoltà nei movimenti.

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