Ormai, e per fortuna per noi tifosi, questo campionato volge al termine. Non intendo aggiungere nessuna considerazione su ciò che è stato: è andata cosi e amen. Il punto vero e oggi: “che fare?”. Sento infinite discussioni su allenatori, calciatori e bla bla bla.
Persino, quello che per me è il miglior giornalista che segue il Napoli, e di cui ho una stima grandissima, Paolo Del Genio, si avventura in una prospettiva abbastanza improbabile: “per rilanciarci nella prossima stagione occorre cambiare la gran parte dei titolari”. Non che questa non sia una evenienza possibile e forse utile, ma io credo che la situazione sia molto più complessa e drammatica. Sulla qualità della rosa nessuno può negare che malgrado le pessime prestazioni questa squadra non può essere considerata inferiore a Udinese, Empoli, Cagliari, Verona e così via: ebbene se avessimo vinto come tranquillamente stavamo facendo fino agli ultimi minuti le recenti partite, con queste squadre, oggi saremmo ampiamente in lotta per un post in Champion o comunque nelle coppe europee.
Perché dico questa elementare ovvietà? Semplicemente per spiegare che davvero pensare che cambiando i calciatori, tout court, la situazione migliori è una semplificazione pericolosa. Non è affatto così. Per come la penso io la situazione è molto, ma molto, più complessa e delicata. Per pensare ad un rilancio, difficilissimo, bisognerebbe cominciare a cambiare tutto il resto partendo da una considerazione che, francamente, non trovo in nessuno dei commenti di chi parla delle cose da fare. Il Napoli è vero che è stato dal 2010 in poi sempre ai vertici del calcio italiano, ma nessuno considera che questi anni sono stati quelli di una profonda ristrutturazione delle due Milanesi, cioè due grandi storiche del nostro calcio. Oggi ripartire sarà enormemente più difficile che nel passato perché Milan e Inter sono ritornate ai loro livelli societari, ma anche perché Roma, Atalanta, Bologna e Fiorentina, hanno assetti societari fortissimi con proprietà SOLIDISSIME. Per oggi mi fermo qui, in un prossimo articolo concluderò il mio ragionamento che non è, con tutta evidenza, affatto ottimistico.
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