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Si aspira al nucleare invece che sulle fonti alternative: ecco i costi e i tempi

Sessa Aurunca – Dopo due referendum che hanno bocciato l’energia nucleare, in Italia si aspira di nuovo a costruire centrali nucleari ritenute sicure, nonostante le terribili esperienze di Three Mile Island, Chernobyl, Fukushima. Il 6 marzo 2024 è arrivato il via libera all’indagine conoscitiva sul nucleare da parte delle Commissioni Ambiente a Attività produttive della Camera che, sono state  chiamate a esprimersi. Bisogna capire se l’energia nucleare può rientrare nelle energie verdi contro i cambiamenti climatici, ma l’orientamento del Governo, oltre ad alcuni Partiti, è già  orientato verso questa scelta. L’iniziativa è rivolta essenzialmente al ritorno dell’energia nucleare in Italia. L’obiettivo è evidente, aggirare le ostilità del popolo italiano dando un manto di trasparenza alla scelta già avvenuta. I primi segnali si erano già avuti con il governo Draghi e il ministro della transizione ecologica Cingolani, ma anche nel Consiglio UE del 22 ottobre 2021, quando la stessa Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, riteneva inevitabile utilizzare nucleare e gas. Questo metodo della indagine  era stato già adottato da  Berlusconi il quale, con il decreto legge n.112 del 25 giugno del 2008 convertito in legge nel 2009, rilanciò il programma di ritorno al nucleare.  Con il presidente francese Sarkozy, fu firmato a Roma l’accordo intergovernativo  che prevedeva la costruzione da parte francese di 4 centrali nucleari EPR in territorio italiano. Nuovo ricorso a un referendum che  il Governo cercò di bloccare tramite un articolo del cosiddetto decreto legge “Omnibus” che in sostanza rinviava  di un anno la costruzione di nuovi impianti, facendo ricorso a una indagine conoscitiva, ecco,  al fine di acquisire ulteriori scientifiche. E quindi ci risiamo. Ma veniamo ai punti essenziali che ci vedono contrari a questo “rinascimento nucleare italiano”.

COSTI: Facendo riferimento agli impianti EPR di ultima generazione da 1.600  MW,  in Italia, ai costi di progettazione e costruzione, bisogna aggiungere quelli della materia prima, cioè dell’uranio da acquistare da paesi produttori. I costi dell’EPR finlandese  sono quadruplicati (da 3,2 mld preventivati a ca. 11 mld). Costi anche maggiori, per svariati milioni/anno, pesano per il riprocessamento  e lo stoccaggio dei rifiuti e delle scorie radioattivi italiani all’estero. Il 99% del combustibile irraggiato prodotto dalle 4 centrali in dismissione, a parte 63 barre del Garigliano che si trovano ancora a Saluggia, si trova il Inghilterra e in Francia per essere riprocessato, ossia per estrarne uranio e plutonio da riutilizzare in nuove centrali o per costruire armi. Quello che resta, vetrificato, è sempre un prodotto ad alta attività che dovrà tornare in Italia per essere stoccato definitivamente in un deposito geologico, una struttura, cioè, adatta a custodirli per migliaia di anni,  Ma da noi, a parte l’infelice esperienza del deposito di Scanzano, non si parla di questo tipo di stoccaggio definitivo, che poi definitivo non potrà mai essere, soprattutto per l’estrema fragilità idrogeologica del nostro Paese. Un problema che resta, dunque, irrisolto. Basti pensare che, dopo molti ritardi accumulati, non si riesce ancora a individuare un sito, tra i 52 indicati nella Carta Nazionale delle Aree Idonee,  per costruirvi il deposito nazionale per i rifiuti a bassa e media attività, quelli che decadono dopo circa 300 anni, oltre a quelli derivanti da attività ospedaliere, industriali e di ricerca. Accanto al deposito di cui sopra, dovrebbe esserne costruito un altro – Complesso Stoccaggio Alta attività – per riporvi, in maniera “temporanea”,  le scorie che durano anche centinaia di migliaia di anni. L’aspetto più dirompente è rappresentato proprio  dai rifiuti radioattivi che sono stoccati, non sempre in sicurezza, in una ventina di depositi temporanei in tutta Italia.  Quanto al deposito geologico, vari tentativi di costruirli  si sono rivelati fallimentari come, solo per citarne qualcuno, quello di Yucca Mountain in Nevada e quello, catastrofico, di Asse in Germania, dopo investimenti di vari miliardi. Il deposito che si sta costruendo in Finlandia, reso completamente inaccessibile, dovrebbe avere una durata di centomila anni, ma non può essere ritenuto, secondo scienziati come Rubbia, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la catena alimentare.

TEMPI: Sempre in Finlandia la centrale EPR di ultima generazione, iniziata nel 2005 ha cominciato a erogare energia nel 2022, ben 17 anni di ritardo rispetto agli 8 preventivati. In Italia, dove non esiste più una filiera nucleare, anche ricominciando a costruire centrali nucleari come l’EPR, tra progettazione, concessioni legislative che richiedono tempi lunghissimi, ci vorrebbero non meno di una ventina di anni prima che queste cominciassero a erogare energia, cioè potrebbero entrare in funzione tra il 2040 e il 2050. A questo punto la tecnologia sarebbe già obsoleta. Ci sono gli SMR (small modular reactor), piccoli reattori da non più di 300 Mw, con costi che si aggirano intorno ai 2 miliardi,  che , comunque, producono rifiuti radioattivi.  Il ministro Pichetto Fratin, oltre ad auspicare un incremento degli investimenti privati per la realizzazione di questo tipo di reattori, ha anche chiarito che “non esiste una chiusura aprioristica ai reattori di grande taglia di ultima generazione”. Ma afferma anche che i piccoli reattori sono da 300,500,1.000 Mw. 300 Mw è la taglia massima ma, mettendo insieme 3-4 piccoli reattori modulari, si arriva a 1.000 e più Mw. Inoltre c’è il problema della sicurezza dato che gli SMR adottano le stesse tecnologie di fissione, con gli stessi problemi di sempre. Da sottolineare che, per raffreddare una centrale atomica da 1.600 Mw, occorrono 70 mc di acqua al secondo, ossia 4.200 mc al minuto. Ma bisogna tener conto del grave fenomeno di siccità collegato al  fenomeno del riscaldamento globale. Si prospetta anche la fusione nucleare che, con due nuclei di elementi leggeri, quali deuterio e trizio, richiede temperature estremamente elevate, dell’ordine di milioni di gradi, che rendono difficile mantenere la reazione stabile e controllata. Si tratta certamente di una energia molto costosa sia per i progetti, sia per gli impianti  la cui costruzione  richiederà  tempi lunghissimi.

E dunque le risorse economiche che si vogliono investire sul nucleare, possono essere utilizzate per potenziare maggiormente le fonti alternative. Parliamo di fonti energetiche rinnovabili  che guadagnano spazio e stanno apportando impatti positivi ben definiti verso la decarbonizzazione. La loro crescita è inarrestabile, sempre più efficienti e competitive, diventano elemento essenziale per la transizione energetica. Nella Cop 28 di Dubai si è stabilito l’obiettivo di triplicare la potenza globale energetica derivata da fonti rinnovabili entro il 2030.  L’energia solare, insieme a quella eolica, è la grande protagonista della transizione energetica in atto grazie alle innovazioni tecnologiche che aumenteranno notevolmente  ’efficienza dei pannelli solari e delle pale eoliche. L’Italia è il terzo produttore di rinnovabili in Europa, un dato in costante crescita. Nel nostro Comune, Sessa Aurunca, dovrebbe essere in itinere una Comunità Energetica, a base di pannelli fotovoltaici, da porre su edifici pubblici.

Nota a cura del Circolo Legambiente Sessa Aurunca

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