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Piedimonte Matese – Giovane morto durante inseguimento: due carabinieri indagati. Attesa per la decisione del giudice

Piedimonte Matese – Si è svolta nei giorni l’udienza camerale sul caso del giovane piedimontese morto mentre scappava dai carabinieri. Nell’udienza, nata dall’opposizione dei familiari alla richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica, la pubblica accusa ha confermato la volontà di archiviare il caso perché non sussistono elementi a carico dei due carabinieri indagati. Per contro il difensore della famiglia di Giovanni Fusco ha chiesto di processare i due militari dell’arma. Nei prossimi giorni arriverà la decisione del giudice che, salvo clamorose sorprese, dovrebbe archiviare definitivamente la vicenda.

LA VICENDA
Sono state eseguite le nuove indagini ordinate dal Giudice per Indagini preliminari in merito alla tragica morte di Alessandro Fusco. Indagini che, tuttavia, non sono servite a nulla perchè non hanno modificato il quadro della vicenda. All’esito dell’ulteriore proroga il pubblico ministero ha chiesto nuovamente l’archiviazione del caso perché non ci sono prove per sostenere la pubblica accusa durante un dibattimento. Il GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva chiesto agli investigatori di “analizzare rispettivamente la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero e la relativa opposizione dei familiari della vittima, ed esaminare gli atti del presente fascicolo, si ritiene che la richiesta avanzata dalla pubblica accusa, non possa essere accolta”. Questo scriveva il Giudice per le Indagini Preliminari che accolse il ricorso formulato dai familiari di Alessandro Fusco, morto qualche anno fa – esattamente nel settembre del 2019 – lungo la strada che collega Piedimonte Matese con Alife. Il giovane era inseguito da una pattuglia di carabinieri della compagnia di Piedimonte Matese che tentavano di fermarlo per un controllo. Il giovane che guidava senza patente perchè precedentemente ritirata non si fermò all’alt innescando così l’inseguimento. I familiari di Alessandro hanno denunciato e presentato documentazione con la quale hanno cercato di dimostrare che il giovane non stava scappando per sottrarsi ad un normale controllo, stava scappando perché terrorizzato dall’azione – da loro definita persecutoria – di due carabinieri.
“Pertanto, atteso che dalla consulenza medico-legale e dalla consulenza tecnica sulla dinamica dell’incidente, appare pacifico che non vi sia stata collisione tra la vettura dei Carabinieri e la Lancia Y guidata da Fusco, appare imprescindibile approfondire le indagini in merito ai preesistenti rapporti tra il Fusco e i due carabinieri coinvolti. Difatti, solo al termine di tale approfondimento investigativo sarà possibile chiarire l’eventuale compromesso stato psicologico del Fusco che lo avrebbe indotto, per paura di subire altri soprusi, alla fuga poi terminata tragicamente con la sua morte”.
Questo il fulcro della decisione che il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere assunse alcuni mesi fa, ordinando quindi ulteriori indagini per chiarire meglio la vicenda accogliendo così la richiesta dei familiari che sempre puntato l’indice contro i due carabinieri i quali, secondo una sorella di Alessandro, negli ultimi anni si erano resi protagonisti di ripetuti momenti di tensione con il fratello: “mio fratello ha subito per diversi anni una vera e propria attività persecutoria da parte di questi agenti in particolar modo, dai quali veniva additato non solo come responsabile di una moltitudine di reati (mai commessi da mio fratello), ma soprattutto è stato oggetto di numerose perquisizioni eseguite tutte per mano degli stessi agenti di pg, … di cui 10 con esito negativo ed 1 con esito positivo”. In relazione alle dichiarazioni della sorella di Alessandro, circa l’atteggiamento persecutorio posto in essere dai carabinieri, nei confronti del defunto Alessandro, il P.M. ha evidenziato che “dagli atti d’indagine e dalla stessa documentazione depositata dalla donna ed allegata al verbale di sommarie informazioni, emerga la difficile sostenibilità delle stesse , essendo possibile che in un piccolo centro abitato “uno stesso soggetto sia controllato più volte dagli stessi agenti” atteso che si trattava di un soggetto peraltro già noto alle Forze dell’Ordine “non solo perché assuntore di sostanze stupefacenti …ma anche perché sottoposto, diverse volte, ad indagini preliminari”.  Come detto in apertura di questo modesto articolo, al termine delle ulteriori indagini svolte sul caso, il Pubblico Ministero non ha cambiato visione sui fatti: la vicenda va archiviata.

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