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Riardo / Capaci – Trentuno anni fa l’uccisione di Falcone: anche due riardesi in Cosa Nostra

Riardo / Capaci –  Fra gli esponenti della temibile e potentissima organizzazione mafiosa di Cosa Nostra ci sono stati anche due riardesi, una donna e suo fratello. Lei, Maria Rosaria Somma del 1960, lui Tommaso Somma di qualche anno più grande. Maria Rosaria Somma sposò Pietro Rampulla – attualmente detenuto al 41 bis. Proprio quel Pietro Rampulla definitivamente condannato all’ergastolo poiché ritenuto “l’artificiere” della strage di Capaci, in quanto fu lui a confezionare sia l’ordigno che esplose nel cunicolo dell’autostrada Palermo – Trapani sia il telecomando che venne utilizzato per compiere l’attentato al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo ed ai componenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.  Maria Rosaria Somma ha svolto compiti importanti, ha incontrato e parlato con i capi anziani della Mafia, ha portato loro informazioni ritornando con ordini e istruzioni per i sodali. Alla fine degli anni ’90 la latitanza del fratello, Tommaso Somma, permette ai Rampulla di stringere i rapporti con un’altra famiglia mafiosa di altissimo spessore; infatti Tommaso venne “ospitato” all’interno di un fondo rurale della famiglia Scinardo (esattamente di Basilio Scinardo, fratello di Pietro) in contrada “Ciulla”, agro del comune di Mineo. Tommaso Somma è ritenuto dall’Antimafia esponente di spicco della criminalità organizzata di Castel di Judica e venne arrestato nell’operazione Iblis e successivamente condannato alla pena di 12 anni di reclusione. L’inchiesta  Iblis fece emergere il ruolo centrale occupato dai mafiosi Aiello, Rindone, Somma e Finocchiaro nelle dinamiche mafiose provinciali ed extraprovinciali. Secondo gli investigatori i quattro erano riusciti a costruire una rete di contatti con i vertici della criminalità organizzata operante in tutta la Sicilia.
Pietro Rampulla – marito di Maria Rosaria Somma e cognato di Tommaso Somma – è ritornato agli onori della cronaca nazionale pochi mesi fa perché ritenuto fra gli autori di un patto tra anarchici e mafiosi per fare cadere il regime di carcere duro e l’ergastolo ostativo. Emerge dalle relazioni degli operatori della Penitenziaria del carcere di Bancali (Sassari) inviate al ministro della Giustizia. In quel carcere dedicato al regime del 41 bis, l’anarchico Alfredo Cospito condivideva gli spazi di socialità con il boss dei Casalesi, Francesco Di Maio, lo ‘ndranghetista Francesco Presta e il boss di Cosa Nostra Pietro Rampulla.

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