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foto di repertorio

Caianello / Teano / Raviscanina – Imprenditori accusati di usura, i difensori al giudice: non colpevoli vanno assolti

Caianello / Teano / Raviscanina – Si è svolta pochi giorni fa una nuova udienza del processo a carico di alcune persone accusate di usura ai danni di un commerciante di Raviscanina. L’udienza è stata monopolizzata dalle arringhe degli avvocati della difesa che ha replicato alle accuse mosse dal pubblico ministero. Il collegio difensivo ha chiesto al giudice l’assoluzione per le tre persone coinvolte nel processo. Nella precedente udienza il Pubblico Ministero aveva chiesto 4 anni di reclusione per l’imprenditore Andrea Rendina di Teano, 5 anni di reclusione per l’imprenditore Elvio D’Aria di Caianello; 4 anni e 6 mesi di carcere per l’operaio Giovanni Rocco Varatta, di Valle Agricola – ritenuti responsabili di usura ed estorsioni a carico di un commerciante di Raviscanina. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Vincenzo Cortellessa, Giuseppe Stellato, Nicola Basile e Mariano Giuliano, Andrea Balletta e Gianluca Giordano. Si tornerà in aula il prossimo mese di marzo quando potrebbe esserci la sentenza di primo grado sulla vicenda.

La vicenda:
Secondo le indagini svolte dai carabinieri della Compagnia di Piedimonte Matese sarebbe emerso un grave compendio indiziario – raccolto su delega di questa Procura, dai Carabinieri di Ailano, attraverso numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, nonché con costante attività tecnica (intercettazioni telefoniche) – a carico dei tre imputati. Le indagini nascevano dalla denuncia della persona offesa per fatti di usura, nell’agosto del 2017. Venivano immediatamente attivate le attività investigative, che si sviluppavano dall’agosto del 2017 sino alla primavera del 2018. Le indagini consentivano di ricostruire la fondatezza delle denunce della persona offesa, alla quale i medesimi indagati avevano prestato decine di migliaia di Euro, ottenendo in cambio la promessa della corresponsione del capitale e degli interessi usurai. La vittima, spinta dalla disperazione per la condizione di sovra-indebitamento nella quale si era venuta a trovare, si era rivolta agli indagati, ritenendo che si trattasse di “amici”, che, condividendo una situazione di difficoltà temporanea, lo volevano sostenere economicamente; solo successivamente, la vittima aveva modo di comprendere di trovarsi al cospetto di veri e propri “usurai”. Le indagini consentivano di appurare come gli indagati non avessero esitato, alla scadenza dei termini fissati per il pagamento dei ratei usurai, a minacciare la vittima per conseguire le somme di denaro promesse. Di fronte alla serietà e gravità delle minacce ed alla sottrazione di alcuni beni alla vittima stessa, questa decideva di rivolgersi ai Carabinieri ed alla Procura, riuscendo in tal modo a sottrarsi ad ulteriori atti di minaccia e di “espropriazione” di ulteriori beni, essendosi convinta del fatto che dal vorticoso e infernale giro dell’usura ci si può sottrarre, affidandosi alle autorità investigative e giudiziarie, potendo, in tal modo, accedere ai benefici previsti dalle legge anti-racket e antiusura.

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