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RIARDO – Comune vende, Fusco irritato dalle critiche. La sua interpretazione della legge è sbagliata. Ecco le prove

RIARDO – Come diceva il mitico Totò “in questo manicomio accadono cose da pazzi”. I casi sono due: qualcuno interpreta in modo errato la legge oppure i gestori dell’antenna telefonica di Riardo sono dei fessi che regalano soldi al comune.  Infatti: oggi l’azienda versa al comune 16mila euro l’anno. Dal 2024 (come “spiega” Fusco) il canone scenderebbe a 800 euro all’anno. A questo punto qualsiasi imprenditore aspetterebbe un solo anno per avere un vantaggio economico enorme. Invece quei “fessi” dell’antenna riardese che cosa fanno? Comprano! Regalano 116mila euro al comune! Benefattori o fessi? Nessuna delle due. Semplicemente sanno che quella legge “sventolata” da Fusco non farebbe scendere il canone di fitto e quindi da imprenditori intelligenti quali sono comprano.
I riardesi hanno bisogno di un sindaco serio
Se è vero – come scrive il sindaco Armando Fusco – che “… i riardesi hanno diritto ad una informazione seria, corretta e soprattutto veritiera” allora potrebbe essere ancor più vero che Riardo e i riardesi hanno diritto ad un sindaco serio e corretto. Non di un canta storie che mal interpreta qualche legge. Riardo e i riardesi hanno bisogno di un sindaco che sappia accettare le critiche e rispondere con moderazione  senza isterismi.
Sulla vendita dell’area dove insiste l’antenna telefonica e dell’x pozzo comunale il primo cittadino riardese irritato dalle critiche – mosse in maniera pacata ed educata – ha sciorinato tutta la sua rabbia, confondendo il proprio livore contro chi per professione è chiamato a muovere critiche e a sollevare riflessioni, con il livore altrui; livore che non c’è.  La nostra testata ha semplicemente sollevato dei dubbi sulla vendita di due aree pubbliche, una delle quali attualmente concessa in fitto ad un’azienda che gestisce un’antenna di telefonia mobile e che versa al comune di Riardo 16 mila euro all’anno. Lo abbiamo fatto con educazione e professionalità. Velenosa e poca educata, invece, la risposta del primo cittadino riardese che ha sciorinato la solita prosopopea condita da una lunga serie di fesserie dette, come spesso capita, solo per buttare fumo negli occhi e per sentirsi all’altezza della situazione. E basta poco per smentire le sue dichiarazioni.

La legge citata da Fusco non è pertinente in materia:
Fusco dice di vendere perché una legge – la 160, art. 1, comma 831 – impone dal prossimo anno la riduzione del canone di fitto da 16mila euro a 800 euro all’anno. Tralasciando tutto il resto della sua “enciclica” c’è da precisare che quella legge citata dalla superfascissima tricolore riardese non ha alcuna relazione con la vicenda. Basta fare una veloce ricerca nella giurisprudenza disponibile in rete per appurare che la concessione delle aree per installare le antenne di telefonia non ammette la applicazione della norma e, appunto, non regola il caso riardese.

La sentenza:
A chiarire ogni dubbio interviene di recente una sentenza della Corte d’Appello di Venezia che dirime la controversia proposta da un Comune del trevigiano che si era visto negare il versamento dei canoni di locazione pattuiti, ritenuti dalla compagnia telefonica, superati dal disposto della Legge 160 citata. Dicono a chiare lettere i giudici che le occupazioni sono soggette al pagamento di canoni di locazione tutte le volte che insistono su aree appartenenti al patrimonio disponibile degli enti non trovando applicazione il Canone Unico Patrimoniale nella misura di 800 euro annuali. Pare anche logico, dicono sempre i giudici, che la volontà dell’ente titolare del diritto reale sull’area, di concedere il suolo pubblico per l’installazione dell’infrastruttura, sia soggetta al regime privatistico – dunque alla locazione – in quanto l’area viene distolta dalla propria funzione di soddisfacimento di un interesse pubblico.

LA NORMA:
La norma è del resto molto chiara per ogni operatore del diritto e prevede: «831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».

Occorre naturalmente leggere e approfondire prima di avventurarsi in interpretazioni fantasiose. Alla luce di tutto questo sorgono domande: è stato tutelato l’interesse della collettività? Chi fa l’affare? Il comune o l’azienda?

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un commento

  1. Come al solito, in tutto questo, che dicono la defunta opposizione consiliare e i vari aspiranti candidati che pensano di sfidare il Fusco?