La stretta decisa dal governo Meloni sulla misura del reddito di cittadinanza potrebbe far perdere il sussidio simbolo del primo governo Conte al 38.5% dei nuclei familiari (e al 23% delle persone) che oggi lo ricevono, a partire da agosto 2023. Si tratta di percentuali che corrispondono a circa 400mila famiglie e oltre mezzo milione di individui. Il quadro emerge dalle stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), contenute nella memoria sul disegno di legge di bilancio consegnata a Camera e Senato. A ottobre 2022, il sussidio è stato corrisposto a circa un milione di famiglie, per un totale di quasi 2.3 milioni di persone. Tra questi, i percettori che più rischiano di perderlo sono principalmente i membri dei nuclei composti da una persona sola: secondo le stime, cesseranno di percepirlo circa i tre quarti della categoria. Più sono i componenti della famiglia, invece, maggiori sono le probabilità di riuscire a mantenerlo, considerata la presenza di minori. La maggior parte delle perdite verranno registrate nel sud Italia, in quanto i beneficiari della misura vivono prevalentemente lì, e nelle famiglie straniere, per via della minore presenza di disabili. Sul reddito di cittadinanza il governo ha voluto dare un forte segnale di discontinuità rispetto agli esecutivi precedenti. Dal 1° gennaio 2023, alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) è riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilità, invece delle attuali 18 rinnovabili. Nei piani dell’esecutivo, il beneficio decade già alla prima offerta di lavoro rifiutata, e sarà obbligatorio frequentare un corso di formazione o riqualificazione professionale (pena la decadenza del sussidio).
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