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Conca della Campania / Mignano Montelungo – La camorra e l’affare dei noccioleti nell’Alto Casertano

Conca della Campania / Mignano Montelungo – Dalle indagini, svolte dai carabinieri di Castello di Cisterna e della Direzione Investigativa Antimafia, è emerso come il clan Sangermano volesse “monopolizzare dei terreni nella zona dell’Alto Casertano”, prevalentemente boschivi, per trasformarli illecitamente in terreni coltivabili a nocciole e provando ad accedere, su suggerimento del commercialista Clemente Muto (anche lui arrestato), ai finanziamenti a fondo perduto ed ai contributi agevolati rivolti all’agricoltura da parte della Comunità Europea. Per questo Michele Sangermano avrebbe effettuato l’acquisto di diversi terreni nell’area casertana insieme a Paolo Nappi, legato da vincoli di parentela con Agostino Sangermano, e che si sarebbe occupato delle varie problematiche relative quei terreni insorte in seguito all’arresto di Michele Sangermano. Un ruolo fondamentale, soprattutto a “convincere” i proprietari più “resistenti” alla vendita, era quello recitato da Giovanni Marra, 43enne di Mignano Montelungo, nella vita taglialegna. Marra, secondo l’accusa aveva proprio il compito di minacciare coloro che si rifiutavano di vendere.
L’attività investigativa, svolta dal 2016 al 2019, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha consentito di evidenziare l’operatività del sodalizio criminale, con base a San Paolo Bel Sito (NA) e con interessi in gran parte nell’agro nolano ed in una parte della provincia di Avellino, tendente ad affermare il proprio controllo egemonico sul territorio di interesse, anche con la disponibilità di una importante quantità di armi comuni da sparo. Le indagini hanno fatto emergere plurime condotte estorsive poste in essere dal sodalizio attraverso l’imposizione di articoli caseari a numerosi esercizi commerciali della zona, nonché l’induzione degli imprenditori all’acquisto di provviste per l’edilizia da una sola rivendita di riferimento. Il sodalizio si assicurava importanti profitti economici anche attraverso l’attività di riciclaggio, l’illecito esercizio della professione creditizia e la concorrenza illecita esercitata grazie alla forza di intimidazione promanante dalla perdurante azione associativa sul territorio. A dimostrazione della pressante presenza del clan sul territorio, nel corso della processione della patrona del paese, l’effigie della Santa era stata fatta “inchinare” innanzi l’abitazione del capo clan. Nel corso delle attività, i carabinieri hanno dato esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo, per un valore di circa 30 milioni di euro, su immobili (terreni e fabbricati), società, autovetture e rapporti finanziari.

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