(di Sandrino Marra) – Qualche giorno fa in Nagorno Karabakh, con la violazione del cessate il fuoco ed una ripresa del conflitto che in poco più di 24 ore ha fatto oltre un centinaio di morti tra i militari di ambo le parti, salvo poi rientrare ed avere un nuovo cessate il fuoco.
Nagorno Karabakh: ne avevamo parlato alcuni mesi addietro e ci eravamo ritrovati anche con la precisazione del primo segretario dell’Ambasciata della Repubblica di Azerbaigian in Roma. Una precisazione in cui personalmente trovavo qualche nota polemica e forse di rimprovero, ma a cui rispondevo con una nota di redazione chiarendo gli aspetti che forse non erano stati compresi. Ancora una volta ribadisco e con forza che questa è l’unica testata a livello nazionale e non solo che si occupa con una certa periodicità di due elementi sociali particolari: il disagio sociale nell’invisibilità del suo essere; I conflitti nel loro essere portatori di sofferenze e violenze. Quando analizziamo uno o ambedue gli elementi lo facciamo senza guardare in faccia a nessuno, senza far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, poiché a nostro e soprattutto a mio avviso in ambedue le situazioni sociali non ci sono né vincitori né vinti, e per come la vedo si potrebbe anche fare a meno e tanto delle enfasi delle vittorie. Le enfasi di vittoria in un conflitto si portano dietro morte e sofferenza e già così non hanno alcun valore se non la fortuna di terminare (si spera) un conflitto. D’altronde è esistita una sola grande vittoria che ha dell’enfasi e dovrebbe essere presa ad esempio dalle diplomazie di tutto il mondo: la sesta crociata guidata da Federico II di Svevia vinta grazie a lui da ambedue i contendenti senza scoccare una sola freccia, con una unica arma; la diplomazia. Ma Federico era lo stupor mundi, ed in diplomazia aveva da vendere all’umanità intera ed ancora oggi ha ben da vendere. Non sembra essere accaduto ciò qualche giorno fa in Nagorno Karabakh, con la violazione del cessate il fuoco ed una ripresa del conflitto che in poco più di 24 ore ha fatto oltre un centinaio di morti tra i militari di ambo le parti, salvo poi rientrare ed avere un nuovo cessate il fuoco. Non sto a spiegare i motivi di questa nuova fase di escalation, non perché siano lunghi da spiegare o difficili da comprendere, ma semplicemente perché di fatto guardano altrove, al voler sfruttare contingenti situazioni internazionali e mirare a strategie territoriali ed economiche di altra portata. E non lo dico io, o il caporedattore della testata, lo dicono gli “amici americani” e lo fanno con un comunicato emesso dal dipartimento di Stato (state.gov/calling for the immediate cassation of hostilities between Armenia and Azerbaijan) del 12 Settembre 2022. Ma a voler dare comprensione a chi vuole comprendere ciò che ho solo scritto tra le righe è possibile leggere l’analisi degli eventi dalla rassegna geopolitica del 13 Settembre 2022 di Daniele Santoro, nella rubrica “Il mondo di oggi. Gli scontri tra Armenia e Azerbaigian e altre notizie interessanti”, edito da Limes Rivista Italiana di Geopolitica, (che faccio notare è presente in moltissime biblioteche pubbliche italiane ed è la rivista in materia tra le più importanti in Europa). Concludo con una amarezza, la quale sistematicamente provo quando alle parole enfatiche, di pace, di nuovo corso, di un “mondo migliore e nuovo” segue invece ben altro interesse che non è il bene comune e condiviso, non è la costruzione di nuova amicizia, di ristabilimento dei rapporti umani per il bene degli umani, di un lavoro costante di presenza diplomatica, di ferialità diplomatica e di stemperamento degli animi, ma del parlare per parlare. Non che ci si dovesse aspettare chissà cosa, ma si ribadisce ancora una volta come sia più semplice fare chiacchiere che lavorare ai buoni intenti. Mi si permetta un pizzico di saccenza, l’essere anche (per quel poco che la mia istruzione in materia mi permette) analista geopolitico mi porta in materia a dubitare delle parole altrui, ed a guardare i fatti in uno scenario ampio e vastissimo per farmi una idea. L’idea me la ero fatta e debbo dire purtroppo di non essermi sbagliato, cosa che riassumo con un proverbio della mia terra: “nu sputà n’cielo che n’faccia te torna”.
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