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Roccaromana – Diffamazione e atti persecutori, imputato denuncia le vittime. Il giudice archivia

Roccaromana – Alfredo Pappalardo invia una lettera alla nostra redazione per portare alla luce una vicenda singolare che lo ha visto protagonista prima come vittima e poi come presunto “carnefice” del suo stesso “carnefice”. Insomma una situazione assurda sulla quale il giudice è intervenuto facendo chiarezza e cancellando ogni accusa a carico dell’ex dirigente scolastico.

Il documento:
Nel 2017, dopo un attentato, scopro che alle spalle mie e della mia compagna, si scrivevano e si pubblicavano, sui social, diffamazioni e offese; la ns vita diventava un calvario ed io e la mia compagna eravamo costretti a modificare il ns modo di vivere.
Ho querelato, dopo aver raccolto documentazioni  e prove, otto roccaromanesi e finalmente,  dopo anni di indagini, due dei querelati, tal Claudio Parillo, all’epoca dei fatti residente a Statigliano, e tal Antonio Di Marco residente a Roccaromana, sono stati rinviati in giudizio per rispondere dei reati a loro ascritti di diffamazione aggravata e reiterata artt. 595  3° comma  e  art. 81 del cp., il Parillo, in particolare, dovrà rispondere anche di atti persecutori reiterati di cui all’art. 612 bis cp. C’è un giudice a Berlino!
Leggo nell’imputazione che il Di Marco e il Parillo, verranno processati per avere posto in essere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con carattere di abitualità, in un apprezzabile lasso temporale, reiterati atti persecutori ai miei danni e della mia compagna professoressa LONGO Vittoria.  Il processo è ancora in corso. Importante questa premessa per capire cosa è successo. Nel rispetto degli atti processuali, oramai pubblici, io e la mia compagna rilasciamo una intervista video – ancora presente e visionabile su Youtube, (https://www.youtube.com/watch?v=HxsSk53GSzw) – e raccontiamo il nostro stato d’animo, durante i mesi trascorsi, le ns paure e le ns aspettative di giustizia con riferimento ai fatti successi, e alle imputazioni ascritte ai due rinviati in giudizio, non lesinando qualche disappunto per la lentezza e la lungaggine delle indagini.
Incredibili dictu, successivamente all’intervista i due imputati, il cui procedimento è ancora in corso, querelano me e la professoressa Longo. In particolare il Di Marco, imputato nel processo in corso, nel suo atto di querela/denunzia, evidenzia che (riporto testuale) “l’intervista è stata ed è tutt’ora oggetto di visita sui social network, e desta clamore ed enfasi nel piccolo centro dove io abito. Ancora oggi se ne parla ed io, non lo nascondo, ho “vergogna” anche di farmi vedere in paese, ripercuotendosi il tutto anche sui miei familiari i quali devono continuamente dare spiegazioni e soprattutto smentite in tal senso”. E ancora riferito a me “il Pappalardo al minuto 21,36 riferisce di una indagine sul mio conto facendone proprio il mio nome pubblicamente (credo che sia una cosa di una gravità inaudita e perseguibile penalmente), descrivendo anche la mia attività nell’ambito del paese. Anticipa in particolare anche l’udienza preliminare, violando a mio avviso, la mia privacy.”
Ma il PM, ritenuto legittimo il diritto di critica esercitato da me e dalla mia compagna, e che i fatti corrispondono a verità, chiede l’archiviazione dei due procedimenti. Il Di Marco, non contento del primo ceffone giudiziario presenta opposizione avverso la richiesta di archiviazione e l’avvocato, ignorando quanto previsto dall’art. 60 c.p.p., cita me e la mia compagna, in più occasioni, con l’aggettivo sostantivato di “imputati”. E’ brutto, dopo aver patito quello che abbiamo patito noi, sentirsi additare con un termine che, allo stato, è offensivo oltre che giuridicamente errato.  E’ utile ricordare che si diventa imputato, perdendo la qualità di indagato, nel momento in cui il P.M. esercita formalmente l’azione penale, chiedendo che il soggetto sia giudicato in merito alle proprie responsabilità. A miglior intelligenza e ad adiuvandum cito testualmente: “Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell’articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo.” Ed ecco arrivare un altro schiaffo giudiziario: l’opposizione del Di Marco viene rigettata, il Giudice dispone la definitiva archiviazione, in quanto “nelle frasi riportate nell’intervista video rilasciata al giornale on line Paese News – Magazine di Terra di Lavoro, c’è assenza di contenuto diffamatorio poiché si tratta di dichiarazioni pacate che ineriscono fatti di indubbio rilievo pubblico, riportando fatti veritieri e …  comunque sono stati utilizzati espressioni che  superano il vaglio della correttezza”.  Null’altro da aggiungere. Io, da parte mia, aspetto il prosieguo del processo che vede non indagati ma imputati il Di Marco e il Parillo, con la prossima udienza fissata per il 19 ottobre e ho dato mandato ai miei legali di procedere in sede civile per il risarcimento di ogni danno subito per le minacce e le diffamazioni ricevute. (firmato Pappalardo Alfredo)

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