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NAPOLI – Democrazia, Matematica ed Economia, una triade affascinante ancora ignota: omaggio alla memoria del celebre professore ed editorialista napoletano Ricciotti Antinolfi

NAPOLI (Nando Silvestri) – Buontemponi e politologi perbenisti seguitano specie di questi tempi di insidioso malcontento e subdola sperequazione economica, a mettere al riparo agi e privilegi dell’attuale plutocrazia dietro il mantra  della democrazia, tanto cara a burocrati, guitti parolai dell’ultim’ora, magnati della finanza e rami secchi dell’elefantiaco settore pubblico. A onor del vero il mito della democrazia viene smascherato e sconfessato da insigni economisti con la forza di teoremi e dimostrazioni matematiche incontrovertibili e inoppugnabili, oltre che dai numeri dei siderali sprechi che esso alimenta volgarmente ai danni dei contribuenti. Insigni teorici della Matematica per le Decisioni, dell’ Intervento Pubblico ed economisti come Duncan Black (Teorema dell’elettore mediano), John Nash (Teoria dei Giochi), il Marchese di Condorcet (Teorema del paradosso del voto a maggioranza) e  il premio Nobel 1972 Kenneth Arrow dimostrano da secoli a colpi di equazioni, equivalenze e quadrato rigore algebrico che qualunque sistema di votazione a maggioranza sotteso a criteri di democrazia non è assolutamente in grado di preservare le scelte sociali, o perché il suffragio abilita prelazioni concordabili preventivamente a tavolino, oppure perché il voto stravolge il cardine basale della democrazia, il principio della transitività. Dalle acute ricerche condotte dai succitati esperti con modelli matematici e dovizia di particolari, emerge che il democratico processo del voto a maggioranza configura esiti paradossali e dicotomici, specie se fondato su strategie collusive, che non di rado culminano nell’insabbiamento definitivo di istanze legittime,  in quanto diverse da quelle perorate da becere oligarchie per il  solo assestamento del tornaconto di quanti  ne ingrossano le fila e dei passacarte che li sostengono. Dunque, alla luce delle suddette considerazioni gli elettori  del Bel Paese assurgono al penoso status di topolini che accorrono dietro il pifferaio magico, appositamente ridisceso in campo nonostante la sua obiettività senescente e l’obsolescenza progressiva della sua lucidità per dare nuova linfa all’inconcludente vecchiume politico e culturale scoperto ancora una volta convergere al “centro” sia da destra che da sinistra, ovvero verso l’utilitarismo dell’elettore “mediano”, saldamente attaccato allo status quo e al più torbido degli accrocchi, l’attuale governo. Come negare l’inettitudine e l’ipocrisia di quanti sostengono che basti rimandare il versamento dell’Imu e dei rincari Iva per rilanciare l’occupazione e la crescita? Solitamente le manovre di politica fiscale non hanno effetti fulminei sul reddito nazionale e non è detto nemmeno che ne abbiano di apprezzabili in tempi certi, soprattutto in presenza di crolli severi di domanda globale e di consumi come quelli attuali: figuriamoci se la traslazione di pochi mesi di taluni esborsi e altri rincari cumulativi possa bastare a sbloccare minimamente l’impasse italiano. La presente nota, lungi dal riprodurre le lezioni di Economia e Scienza delle Finanze impartite  modestamente dallo scrivente, talvolta apprezzate da noti imprenditori locali, segretari provinciali di partito, docenti di scuola pubblica protesi al conseguimento di ulteriori attestati di laurea e allievi brillanti, vuole solo essere uno spunto di riflessione e un commosso tributo alla proverbiale precisione accademica del compianto professore Ricciotti Antinolfi, una risorsa attualmente scarsa e rarissima. Un tempo non lontano egli fu il mio professore di Economia Politica e Politica Economica, ma anche la persona che ho avuto il piacere di affiancare per un breve periodo appassionatamente presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli studi di Napoli “Federico ll” dove mi sono laureato, sia per quanto concerne l’assistenza didattica universitaria, sia per l’evoluzione comune di alcuni supporti formativi inerenti l’economista americano J. K. Galbraith. Il ruolo di appunti e testi universitari di scienza economica potrebbe rivelarsi delicato e cruciale anche nella formazione degli studenti della facoltà di Giurisprudenza di Santa Maria Capua Vetere, probabili giudici, avvocati di grido, politicanti e managers del futuro. Difatti, la puntuale e poliedrica trattazione dei fenomeni economici fondata tanto sulle teorie neoclassiche quanto su quelle keynesiane potrebbe costituire un valido sussidio soprattutto per comprendere complessi fenomeni avallati dalla democrazia attuale come la debordante invasività del settore pubblico italiano, ampiamente inefficiente e confiscatorio e le scorribande speculative su materie prime, grano e derivati esercitate da gruppi finanziari come Morgan Stanley, Goldman Sachs e Deutsche Bank, ai danni di 4 milioni di nuovi poveri. Del resto sia Marx che Ezra Pound avevano sufficientemente lumeggiato sugli inevitabili legami esistenti tra Economia e Storia, seppur da ideologie diametralmente opposte, dei quali gli odierni studenti universitari devono assolutamente prendere coscienza senza alcun indugio. Per questo motivo è fondamentale che alcuni importanti messaggi provenienti da libri come il manuale di Macroeconomia stilato dal professore Salvatore D’Acunto, docente di Economia politica della Facoltà di Giurisprudenza di Santa Maria Capua Vetere, giungano agli studenti depurati da talune  sdrucciolevoli ruvidità sintattiche e concettuali presenti tuttavia in alcune pagine del suddetto testo, riconosciute anche da docenti degli Atenei lombardi. A tal proposito non è agevole, come sostiene il professor D’Acunto in una esemplificazione suggerita a pagina 106 del suo manuale, ammettere che gli individui di una comunità diventino più parsimoniosi aumentando la propria propensione marginale al consumo da 0,20 a 0,25: dovrebbe piuttosto verificarsi il contrario essendo la parsimonia un’inclinazione alla riduzione e non all’aumento dei consumi. Inoltre a pagina 151 dello stesso manuale di Macroeconomia redatto dal sopra menzionato dottor D’Acunto si legge a proposito di investimenti privati che “la spesa pubblica dà luogo ad una dalla riduzione spiazzamento nel gergo della teoria economica”, suscitando così inevitabili problemi di comprensione nel lettore attonito e perplesso.  Stesso discorso per il manuale di Microeconomia stilato dal professore Pastore, anch’egli docente di Economia Politica presso la facoltà di Giurisprudenza di Santa Maria Capua Vetere, il quale non sembra voler chiarire con la necessaria incisività  certe corrispondenze grafiche e matematiche pertinenti l’illustrazione dei mercati, il moltiplicatore dei depositi  e  la  “Teoria del Costo Pieno” lasciando così i lettori in “stand by”. Celebrando la memoria del professor Antinolfi,  celebre editorialista napoletano del Corriere del Mezzogiorno oltre che insigne professore universitario di discipline economiche, che degnò magnanimamente lo scrivente dei suoi apprezzamenti accademici, sento il dovere intellettuale di rammentare l’introvabile, puntuale e cristallina etica espositiva dei suoi innumerevoli scritti di Economia Politica, dei quali si sono avvalsi e continuano ad avvalersi gli studenti degli Atenei di Napoli e Siena dove, peraltro  egli insegnò Economia Monetaria e Creditizia. Nella speranza che i suoi sforzi possano un giorno essere emulati degnamente  da chiunque si avventuri nell’esposizione e nell’illustrazione di fatti economicamente rilevanti, auspichiamo che il rigore terminologico e la squisitezza analitica non possano che giovare all’economia e alla rarefatta credibilità di questa democrazia sempre meno edificante, più fuorviante e pregna di scritti stucchevoli, diseducativi e ridondanti.

 

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