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Depressione post partum: cause, sintomi e trattamento

Come riconoscere la depressione post partum, i suoi sintomi e i modi per prevenirla. Ne parliamo con la Dott.ssa Amelia Forte. La depressione post partum (DPP) o depressione puerperale ‒ come si legge sul portale del Ministero della Salute ‒ è un disturbo che colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme, ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio.  Nonostante si parli spesso di depressione post partum anche nel linguaggio comune, la conoscenza delle cause, dei sintomi, dei fattori di rischio e soprattutto della terapia, non è ancora abbastanza diffusa. Ne parliamo con la Dottoressa Amelia Forte, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia, di spiegarci tutto ciò che bisogna sapere sull’argomento.

Cos’è la depressione post partum?
L’80% delle neomamme sperimenta un sentimento di sconforto nelle prime due settimane dopo il parto il cosiddetto maternity blues o sindrome del terzo giorno. Sebbene in una percentuale limitata non tutte le situazioni riescano ad avere una risoluzione e le difficoltà persistono nel tempo rimanendo invariate o addirittura aggrappandosi manifestandosi con un insieme di segni sintomi comunemente chiamati depressione post partum.

Quali sono i sintomi?
Le madri che ne soffrono sperimentano dei profondi sensi di inadeguatezza e di incapacità al punto da sentirsi inutili. I sintomi più comuni sono dei sentimenti intensi di incompetenza, irritabilità, tristezza con difficoltà nel sonno. Spesso questo stato mentale si associa a pensieri insistenti seppur di breve durata che ruotano attorno al far del male al neonato.

Quali possono essere le cause?
L’eziologia non è del tutto nota, c’è probabilmente una base biologica dovuta ai cambiamenti ormonali tipici della gravidanza e del puerperio sul quale si innestano però altri fattori di rischio. Ad esempio, aver sofferto di ansia durante la gravidanza o nel periodo precedente, familiarità per disturbi psichiatrici, vivere o aver vissuto di recente situazioni molto stressanti, come un lutto o una separazione, perdita del lavoro, vivere una condizione di scarso supporto familiare o sociale, il cosiddetto senso di abbandono, difficoltà economiche. Alcuni studi suggeriscono che anche aver fatto ricorso a tecniche di fecondazione assistita possa rappresentare un fattore di rischio: la cosiddetta “gravidanza preziosa”. Più controverso invece il ruolo dell’esperienza del parto. Un articolo di revisione della letteratura scientifica appena pubblicato suggerisce che effettivamente esperienze di parto traumatiche e/o negative possano contribuire all’insorgenza della depressione post partum. Ultimo ma non per importanza è il cambiamento di ruolo che investe la neomamma non solo dal punto di vista sociale, ma soprattutto nel rapporto con il proprio partner. La neomamma deve adattarsi dunque a una nuova realtà: non è più solo donna e moglie, ma è soprattutto mamma.

A chi bisogna rivolgersi nel caso in cui se ne soffra e come può essere trattata?
La cosa migliore è parlarne con qualcuno. Potrebbe trattarsi del medico di base oppure del ginecologo che l’ha seguita durante il percorso della gravidanza o magari all’interno di strutture territoriali come ad esempio i consultori. Sarà poi lo specialista di inviare nei centri dedicati specifici le pazienti più a rischio. A volte già il semplice fatto di parlarne con qualcuno migliora la situazione.

Quali sono le modalità di prevenzione, nel caso in cui si possa fare prevenzione?
Sicuramente riposare bene, mantenere un forte legame con il partner, mangiare sano e fare scorta di vitamina D, ma soprattutto partecipare ad un valido corso preparatorio e post partum in cui vi sia la presenza di un ginecologo, del pediatra, dell’ostetrica e dello psicologo. Dunque, se hai cura del tuo benessere psico-fisico, ti stai contemporaneamente prendendo cura del tuo bambino.

È bene ricordarlo: genitori non si nasce, si diventa.

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