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IL REPORTAGE – Viaggio nella Terra dei fuochi

Da Napoli Nord a Caserta Sud, nei luoghi degli sversamenti illegali e degli incendi di rifiuti

di Roberta Muzio e Nicola Palermo

Gli ultimi bambini morti per una patologia tumorale avevano rispettivamente 4 e 8 anni. Erano di Succivo, la piccola, e di Orta di Atella, il secondo. Qui ogni famiglia conosce il dramma della malattia e, in molte case, a tavola, si consuma l’acqua confezionata e la frutta che viene dal Nord. Anche se non c’è un registro dei tumori a documentarlo, la gente inizia a chiedersi come mai patologie tipiche di zone fortemente industriali siano presenti qui, dove fabbriche non ce ne sono. Ma, oltre alle malattie, in aumento è la cementificazione, la popolazione, gli incendi nelle terre, la presenza di amianto e di rifiuti. Il viaggio nella Terra dei fuochi, inizia da Succivo, frazione Casale di Tevoralaccio.

<Stop biocidio>. I cartelli lungo i marciapiedi di periferia, intorno alle rotonde, sui cancelli dei residence deserti ,nuovi di zecca, sono stati messi dagli attivisti dei comitati civici durante il D-Day dello scorso 9 gennaio. Una giornata di denuncia per testimoniare l’avvelenamento subito ogni giorno, da anni a questa parte, dalle terre, dai cittadini, dalle piante, dagli animali. Siamo in quella chiamata, fino al 1946, Atella di Napoli, un grande agglomerato urbano senza soluzione di continuità fino al capoluogo di regione. Ed è appunto dal Nord della città partenopea che si verifica un continuo migrare di persone verso  i comuni di Succivo, Orta di Atella, Sant’Arpino, Cesa, Gricignano, Frattaminore. Stessi luoghi dove di recente sono nati gruppi di attivisti riuniti in una rete: Coordinamento Comitati Fuochi. L’area interessata va da Napoli Nord a Caserta Sud. Raggruppa Caivano, Acerra, Giugliano, Parete e l’hinterland aversano. Da qui partono iniziative come quella del prossimo 4 maggio a Caivano. Si chiamerà “Territorio avvelenato e salute a rischio” e vedrà la partecipazione del magistrato Donato Ceglie e di don Maurizio Patriciello, parroco di Parco Verde. Il 12 maggio, invece, il comitato DifendAtella di Succivo porterà  i ragazzi delle scuole elementari e medie in bicicletta nelle campagne. <Perché qui – spiega Salvatore Palermo, tra i soci fondatori del gruppo – c’è bisogno di mostrare quanto sta avvenendo innanzitutto a coloro che ci vivono. C’è la tendenza – spiega – a non uscire oltre la città. Speriamo che i racconti dei piccoli possano far acquistare consapevolezza ai genitori>. Per scoprire i veleni nascosti in questa terra non serve allontanarsi molto dalle strade cittadine: nei pressi di via Trivio del Castagno, della zona del vecchio campo sportivo, di via Pasquale Bencivenga, di via Dalla Chiesa, di via Casolla. <Appena vedono un anfratto – dice un volontario – ci buttano qualcosa dentro>.

Dopo l’ennesima segnalazione di un rogo in zona Giugliano, arrivata dalla rete dei social network, segue la raccomandazione: <Per chi può si salvi da questo scempio, portando via i più sensibili a questi veleni, anziani e bambini!>. Da parte dei membri del Comitato c’è volontà di andare avanti nella lotta nonostante la loro attività, specie all’inizio, sia stata isolata. Hanno dovuto lavorare per superare, innanzitutto, le diffidenze degli agricoltori, timorosi che la cattiva pubblicità potesse danneggiarli. Poi, molti, hanno capito e hanno dato il proprio appoggio. Rimane chi, le iniziative di sensibilizzazione, continuerà ad osteggiarle con l’interesse affinché i riflettori non si accendano sulla zona e sul dramma inquinamento.

L’impressione è che diversi fenomeni siano fuori controllo. Ad iniziare dall’incremento demografico. Orta di Atella contava, fino a 5, 6 anni fa, circa 13 mila abitanti. Oggi sono quasi 25 mila. Per Succivo in dieci anni, dal 2001 al 2011, l’aumento sfiora il 19 per cento. Ora sono oltre 8 mila. Qui la Campania Felix è sempre meno agricola e gli incendi spingono una tendenza: la terra brucia, l’immondizia aumenta, la campagna incolta si estende e si fa spazio per nuove case. Il tutto fuori controllo e ci sono le inchieste della magistratura a ricordarlo. Progetti di uffici, diventano poi abitazioni. E, così, se le palazzine rimangono ancora vuote, non è solo per l’offerta in eccesso rispetto alla domanda, ma anche per tutti gli appartamenti oggetto di sequestri giudiziari.

Terra fuori controllo da parte di chi vorrebbe che gli incendi non ci fossero, l’ambiente e la salute pubblica tutelata. Terra sotto il controllo di chi sversa, organizza, decide, appicca i fuochi e poi ricomincia. Un lavoro sistematico, criminale. Un ciclo organizzato, è evidente, se solo si osservano quei cumuli di rifiuti dati alle fiamme. C’è l’amianto sotto, in molta parte bruciato e ridotto in cenere. Sui cumuli più vecchi è cresciuta l’erba. Su altri ci sono ulteriori rifiuti: urbani, vetro della raccolta differenziata, scarti di lavorazione, soprattutto di laboratori tessili e calzaturifici. Ma anche lastre e comignoli di eternit tolti a seguito delle bonifiche dei tetti. L’ultima fase, prima dell’incendio e del nuovo ciclo, è mettere i pneumatici sopra alle montagne di rifiuti. Dopo di che il luogo è pronto per essere bruciato, ridotto in cenere. La combustione delle gomme non produce immediatamente fumo nero: il tempo necessario per andare via prima dell’intervento di spegnimento.

Il cumulo, così, si rimpicciolisce e si fa spazio per il nuovo ciclo di smaltimento. In alcuni casi, quando tutto questo avviene ai bordi dei campi agricoli, è facile che i trattori ci passino sopra. <I contadini non si rendono conto – dice un passante in bicicletta – del pericolo amianto>. I pannelli di eternit, infatti, diventano materiale da riciclare per fare recinti di piccoli orti. E il velenoso trito te lo ritrovi sotto le scarpe nelle campagne di Succivo, sotto il ponte della Tav, a Torre Palomba. La bonifica era iniziata dopo la denuncia di marzo salvo, poi, lasciare i sacchi di eternit, ormai danneggiati, sul terreno.

Per rendersi conto di cosa stia avvenendo bisogna immaginare vaste aree di campagna, attraversate da strade poderali. Ogni luogo capiente diventa spazio per i rifiuti: le cunette, piene di copertoni e bottiglie di plastica, in alcuni casi non ci sono più perché spianate a livello della strada; i viottoli sterrati diventano gallerie di immondizia, dove il manto è fatto di stracci compattati; i sacchi buttati sotto i piccoli viadotti sui Regi Lagni. Carichi di materiale di risulta, libri, intere enciclopedie, collane di videocassette, mobili. Una discarica che si estende per chilometri e chilometri quadrati abitata, vissuta. E quando il vento soffia verso i campi e i roghi sono accesi, l’aria diventa irrespirabile, il veleno viaggia e si poggia dappertutto.

A guardarli, i rifiuti, capisci tante cose. Non è raro trovare etichette, con nomi e indirizzi, documenti. Gli attivisti dei comitati, ad esempio, avevano segnalato addirittura bolle di accompagnamento. Senza considerare che tutto passa attraverso il cosiddetto asse mediano, Nola-Villa Literno . Una strada dalla quale si diramano gli svincoli verso questi paesi. Arteria priva di telecamere.  <Paghiamo 500 euro l’anno a famiglia per i rifiuti – dice un giovane padre – ma se ci chiedessero di aggiungere un euro per coprire i costi di un sistema di videosorveglianza, tutti sarebbero disponibili. Basterebbe 1 euro per quattromila famiglie>.

C’è anche da considerare come il contesto influenzi il comportamento della società. A Succivo, ad esempio, non c’è un’isola ecologica, né un servizio di raccolta di rifiuti ingombranti. Vecchi elettrodomestici, allora, vengono scaricati in qualsiasi luogo: non c’è più alcuna remora, né multa, né stupore. Non sorprende nemmeno che, in occasione di un evento a Casale di Teverolaccio, sia stato ripulito solo un breve tratto di marciapiede. Quel tanto che basta perché la scena delle autorità in arrivo non venisse rovinata dalle immagini di rifiuti. Nascondere la polvere sotto il tappeto. Questo è il concetto. Non solo.

Terra di fuochi e di equilibri complessi. C’è da chiedersi, ad esempio, chi vigili affinché non si verifichino i roghi? In zona si dice che qualche agricoltore, per tenere lontane le fiamme, paghi vigilantes privati. Ma alla fine ci si mette anche la non curanza, l’assuefazione. E allora cosa c’è di strano a gettare i sacchetti dai finestrini delle auto? O passeggiare, andare in bicicletta, fare jogging lungo le strade bordate di rifiuti a Gricignano, nei pressi della base Usa? E’ tutto talmente paradossale da diventare normale. Come il passaggio di fantini e cavalli che si allenano per le corse clandestine. Come il transito di motorini e macchine che sembrano voler scrutare, controllare. Questo fanno, dice chi la zona la conosce bene. Come i fori dei proiettili sui segnali stradali. La prova che tutto ciò che è fuori controllo è, in realtà, sotto controllo.

<Eppure – dicono gli attivisti – la risposta della gente c’è. Nelle case si differenzia. E’ dopo che il meccanismo si blocca ed è allora che subentra la sfiducia>. Ma lo dicono altrettanto chiaramente: <Il problema non sono i rifiuti urbani. Sono, invece, quelli delle officine, dei piccoli laboratori, delle industrie che, anche per il fenomeno dell’evasione fiscale, alimentano questo tipo di smaltimento.  Non è nemmeno una questione di cultura. Scaricare un carico di gomme in mezzo alla strada non è mancanza di cultura. E’ delinquenza e basta>. C’è una stradina, per esempio, nei pressi del cimitero di Succivo, dove puntualmente si verificano sversamenti illegali: <Basterebbe mettere una sbarra – spiegano gli ambientalisti del Comitato Difend’Atella – ma al Comune si sono chiesti come farebbero poi i proprietari dei fondi ad entrare. Sarebbe sufficiente fare una decina di chiavi e darle loro. Ecco come si potrebbe risolvere>.

Nove chilometri di tracciato fino a Marcianise. Da Sant’Arpino, Frattamaggiore e altri paesi, gruppi di podisti vengono a correre in zona Santo Venere. Ma anche dall’altra parte, verso Gricignano d’Aversa, intorno alla base americana. Doveva essere bellissimo qui, un tempo. Se a questa luce, a questa terra, all’enorme varietà di colture, fragole, asparagi, vitigni, si fosse solo evitato il veleno. Così i bimbi avrebbero avuto un luogo in cui crescere sani, fortunati e protetti. E invece, i ragazzini, li trovi a giocare nei nello stabilimento della Eurocompost, a Orta di Atella. Quello chiuso, contro il quale ci furono proteste per la puzza che emanava. Producevano ammendanti e concimi. Si entra e si esce perché le porte non ci sono più. C’è ancora ammassato di tutto. 2 maggio 2013 © RIPRODUZIONE RISERVATA

(Foto a cura di Nicola Palermo:  1. Cartelli dei comitati civici; 2.                Strade di accesso ai cantieri diventano spazi per sversare; 3.        Eternit coperto da scarti di lavorazione poi dati alle fiamme;  4. Pneumatici nelle cunette; 5 Amianto impacchettato lasciato sul terreno; 6. Amianto sbriciolato; 7. Strade poderali trasformate in discariche; 8. Eternit riciclato per i recinti; 9 Jogging tra i rifiuti; 10. Orta, l’Eurocompost)

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