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SANT’ANGELO D’ALIFE – Natale, 1985-2012: una parabola di (in)successi

di FRANCESCO MANTOVANI

SANT’ANGELO D’ALIFE – Quando il consenso è legittimato da ripetuti successi elettorali. Secondo alcuni organi di stampa, la coordinatrice
cittadina del Pd, Alfonsina Natale, acclamata dal popolo, sarebbe la persona giusta per guidare una lista di centrosinistra alle prossime comunali. Se si afferma tutto ciò con profonda convinzione vuol dire che Natale nel corso degli anni abbia saputo creare attorno a sé un consenso di massa di non poco conto. Un bacino di voti degno di un Vladimiro Crisafulli o di un Mimì Zinzi, per intenderci. A suffragio di questa tesi, è opportuno ripercorrere la brillante carriera politica di Natale per dimostrare incontrovertibilmente quanto sia giustificato il fatto che la preside sia così acclamata dalla gente. Partiamo da metà anni ‘80. Correva l’anno 1985 precisamente quando Natale venne eletta nel parlamentino santangiolese nelle file della Democrazia Cristiana. All’epoca il sindaco veniva nominato dai consiglieri eletti. Bene. Fu quello il primo successo della Natale. Dovendo scegliere tra le due donne, i consiglieri elessero Paola Maoloni. Organi di stampa, qualche giorno fa, pescando tra le virtù di Natale, hanno ricordato il fatto che ella sia figlia d’arte. Giustissimo. Il padre, Celestino Natale, fu uno dei sindaci storici del Comune di Sant’Angelo d’Alife. Uno degli esponenti di spicco della Dc in Terra di Lavoro. Uomo cattolico e di sani principi morali. E la prof. Natale ha sempre messo in pratica gli insegnamenti ricevuti in famiglia tanto che, fino a poco tempo fa, era ancora alla guida del consiglio pastorale locale. Una fervida praticante cattolica talmente convinta che dopo quattro anni di governo con la Dc al seguente appuntamento elettorale sposò la causa della sinistra. Si candidò infatti in una super lista di ispirazione comunista insieme a nomi storici quali Gabriele Lupoli (che si candidò lo stesso anno alla Provincia col Pci) e Carlo Pocino. Dalla Dc al Pci. Un trasformismo a tutti gli effetti, che per la verità coinvolse molti altri “catto-comunisti”. Ovvero, l’insieme di quei pensatori, religiosi e politici che, pur essendo di dichiarata fede cattolica, optarono per una scelta politica e programmatica vicina alle posizioni comuniste accettando, senza tuttavia aderirvi completamente, gran parte del pensiero marxista. Tornando alla cronaca dei fatti, quella super lista, favorita alla vigilia del voto, perse per pochissimi voti. Maoloni, presentatasi alla guida di una compagine infarcita di giovani, fu riconfermata sindaco. Una sconfitta che dovette bruciare parecchio tanto che i perdenti di successo presentarono ricorso. Risultato: dopo due anni la cittadina venne commissariata per la prima volta nella storia. Qualche anno dopo si tornò alle urne. Natale si candidò con un’altra super lista, che annoverava tra i candidati Carlo Pocino, Gabriele Lupoli, Mario Cunti e Antonio Pisaturo, e vinse. Non fu un’amministrazione tranquilla. Grande attenzione sui conti – questo sì – ma una profonda litigiosità interna caratterizzò gli anni di mandato. Le successive elezioni segnarono poi una svolta. Temeraria, Natale mise in piedi una compagine di giovani nella quale si candidò come capolista. La corsa della prof si fermò a pochi passi dal podio: quarto posto. Peccato che le liste in gara fossero ‘soltanto’ quattro. Quando si dice il consenso. Per la cronaca, vinse nuovamente Maoloni (giusto per ricordare, la donna che nel 1985 venne nominata sindaco al suo posto). Al danno si aggiunse anche la beffa. Le amministrative seguenti segnarono anche l’inizio della sfida infinita Bucci-Falco. Giusto per confermarsi vincente, Natale sposò la causa Falco nella cui lista infilò la sorella Fernanda. Acclamata anche all’epoca e sulla scia di anni di irrefrenabile successo, Natale lottò addirittura su due fronti. Da una parte, si spese per far eleggere la sorella; dall’altra, si candidò in prima persona alla Provincia. Risultato finale: alla Provincia non venne eletta e – cosa ancora più eccezionale – neanche la sorella riuscì a conquistare uno scranno in seno al parlamentino santangiolese. Falco – giusto per fare “amplain” – perse il confronto con Bucci. Cinque anni dopo, ancora faccia a faccia Bucci-Falco. Natale, coerente, appoggiò il dottor Michelangelo Ciaburro che correva nella lista di Falco. Anche in quel caso, la super potenza Natale fece la differenza. Falco perse ancora e Ciaburro non entrò in consiglio. Fu però un’elezione controversa. Bucci la spuntò per un solo voto e Falco fece ricorso per presunte irregolarità registrate durante le operazioni di scrutinio. Arrivò ancora il commissario che restò altri due anni fino al ballottaggio tra i due candidati a sindaco. Natale naturalmente appoggiò Falco. Esito del ballottaggio: Bucci riconfermato sindaco. Ma il capolavoro targato Natale è datato 2010. Fervida sostenitrice della compagine Di Tommaso che ella stesa contribuì a mettere in piedi, riuscì nell’impresa di ricucire di colpo antichi rancori tra famiglie di spicco che si trascinavano da anni e anni. Appoggiò nuovamente il professionista Ciaburro il quale, potendo contare su uno sponsor di spessore, sembrava sicuro di entrare in consiglio. In effetti Di Tommaso vinse, ma il professionista neanche in questo caso fu eletto. Nel giro di poco più di due anni, poi, Di Tommaso venne mandato a casa dalla sua stessa maggioranza. Arrivò nuovamente il commissario. I successi sono come le ciliegie. Uno tira l’altro. L’ultima prodezza è recente. Pochi mesi fa, in occasione delle primarie del centrosinistra, Natale, da coordinatrice cittadina del partito, sostenne a spada tratta il segretario nazionale Bersani che riuscì a spuntarla più o meno dappertutto. A Sant’Angelo d’Alife no. Né al primo turno, dove venne doppiato da Renzi e addirittura scavalcato da Vendola, né al secondo, dove, nonostante l’aiutino di Sel, neanche questa volta riuscì a mettere il muso davanti al sindaco di Firenze. A maggio i santangiolesi saranno chiamati ancora alle urne. A fronte di cotante affermazioni, acclamare la candidatura della prof è doveroso. O meglio, una garanzia di (in)successo.

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