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PIGNATARO MAGGIORE – “Urbs Egregia”, prima della gara spazio al ricordo dell’economista Vito

PIGNATARO MAGGIORE (di Libera Penna) – A tre settimane dalla prima  delle tre tappe della corsa “Urbs Egregia”,   organizzata dall’associazione Felixrunning,   società sportiva e  culturale, la cui mission è quella di promuovere la pratica della corsa e dello sport, della tutela dell’ambiente,  della  valorizzazione del territorio, della storia   e dei  personaggi illustri dell’Agro Caleno,  iniziano a filtrare le prime indiscrezioni sull’evento. Gli  organizzatori, in concerto con l’amministrazione comunale di Pignataro Maggiore,  hanno deciso di ricordare alla partenza della gara   il grande economista Francesco Vito,  nato a Pignataro Maggiore, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa. La  corsa partirà dalla strada che porta il nome dell’insigne studioso Caleno.  In un primo momento si era pensato di fare partire i podisti all’altezza della casa natale  dello studioso pignatarese, in Via Roma, ma per ragioni di sicurezza si è scelto un luogo più adatto a questo tipo di manifestazioni.   La Felixrunning e l’amministrazione comunale hanno deciso di ricordare Vito in un contesto che vedrà la presenza a Pignataro di podisti provenienti da tutta la Campania,  che avranno la possibilità di approfondire la conoscenza di uno degli economisti italiani del primo dopoguerra più importanti nel panorama culturale europeo.

Nato a Pignataro Maggiore (Caserta) il 21 ottobre 1902, da Federico e Rosa de Vita, Francesco Vito – è riportato nell’ enciclopedia  Treccani- conseguì il diploma di maturità presso il liceo di Caserta nel giugno del 1922. Quindi, in un periodo e in un ambiente in cui la cultura della classe dirigente era sostanzialmente quella giuridica, venne anch’egli instradato verso questo tipo di studi, e si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli. Accedere a questa istituzione di altissimo livello significava entrare in una tra le poche realtà accademiche nazionali che, a fronte della complessiva marginalità e perifericità delle università italiane, riusciva ad adeguarsi in molti campi del sapere agli standard dei migliori centri di ricerca europei.

Conseguita la laurea nel 1925, con 110 e lode, decise di proseguire gli studi: la sua intenzione era quella di comporre l’iniziale formazione giuridica con elementi non codificati del sistema sociale concreto, e nel 1926 si laureò in scienze politiche e sociali. A completamento di ciò, gli sembrò indispensabile iscriversi alla facoltà di Filosofia, per risalire a monte nel processo di conoscenza. Si laureò nel 1928, con voto 105/110, con una tesi sulla dottrina della nazionalità in Vincenzo Gioberti, discussa con i professori Antonio Aliotta, Adolfo Omodeo e Francesco Montalto.

Nel 1927, consigliato caldamente dalla dirigenza dell’Azione cattolica napoletana, per le «speciali circostanze» in cui si era trovato nell’affrontare «situazioni delicate» (la sede dell’Associazione giovanile cattolica di Pignataro, di cui era presidente, era stata assalita e devastata da un gruppo di azione fascista), si era iscritto al Partito nazionale fascista.

I docenti che insegnavano le discipline economiche a Napoli, Augusto Graziani, Luigi Amoroso e (fino a poco prima) Francesco Saverio Nitti, erano di indubbia statura internazionale. Graziani, teorico di impronta marshalliana, liberista non dogmatico, con ampie aperture all’intervento dello Stato, ma non in chiave corporativa, insegnava economia politica, contabilità di Stato e scienza delle finanze, ed era pienamente inserito negli ambienti dell’alta cultura napoletana, tra cui il ‘salotto Croce’, culla dell’antifascismo locale. Amoroso si applicava alla dinamicizzazione del sistema di equilibrio generale paretiano, e avrebbe di lì a pochi anni partecipato alla fondazione della nuova disciplina dell’econometria e dell’International econometric society, tra i cui primi fellows fu eletto con altri quattro italiani.

Un’ulteriore impronta venne a Vito dai filosofi della facoltà che egli frequentò: Omodeo, docente di storia del cristianesimo, che alla metà degli anni Venti si avvicinò sensibilmente alle posizioni di Benedetto Croce, diventandone uno dei collaboratori più significativi; Aliotta, filosofo ‘sperimentalista’ – laureato in psicologia sperimentale a Padova –, avverso al neoidealismo e particolarmente attento alle esigenze di rigore metodico, approdato alla filosofia dell’azione.

In questa fase formativa della biografia di Vito, importante fu anche la partecipazione al clima, vivace e propositivo, del cattolicesimo campano, che sosteneva il Partito popolare ed era impegnato per un rinnovamento del Mezzogiorno che sorgesse da quella terra stessa.

In questo periodo, monsignor Pietro Del Prete, il personaggio di maggior spicco del movimento cattolico campano, lo indirizzò verso la specializzazione all’estero, raccomandandolo a padre Agostino Gemelli. Questa opportunità di trasferirsi presso la Cattolica di Milano, per poi procedere verso altri centri di specializzazione, si concretizzò nel 1929, quando Vito ottenne la borsa di studio Francesco Ellero per il perfezionamento in studi economici. Le complesse vicende legate al concorso per questa borsa di studio, che videro Vito competere con il più maturo Giovanni Demaria, laureatosi a Torino, sono documentate nelle carte dell’Archivio storico dell’Università cattolica (ASUC).

Vito, catapultato a Milano dal suo vescovo, entrò alla Cattolica nell’Istituto di scienze economiche diretto dal torinese Angelo Mauri. Questi, specializzatosi in ambiente tedesco, con Gustav von Schmoller, Adolf H.G. Wagner e Wilhelm Endemann, aveva introdotto nell’Istituto (in cui lavoravano in quegli anni Albino Uggè, Serafino Maierotto, Guido Menegazzi, Marcello Boldrini, il torinese Giuseppe Prato e Federico Marconcini – laureato della Bocconi e già funzionario a Ginevra della Società delle nazioni) Enrico Ferri, tra questi economisti il più vicino al fascismo. L’Istituto era un ambiente decisamente aperto alla modernità, e Vito fu instradato verso la specializzazione all’estero, in Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Parallelamente – nei brevi periodi trascorsi in Italia – Vito iniziò la carriera universitaria: alla Cattolica ebbe la nomina ad assistente volontario per il biennio 1931-33 nell’Istituto di scienze economiche, nel dicembre 1932 ottenne la libera docenza in economia politica, nel 1933-34 ricoprì la cattedra di economia industriale; tenne poi i corsi fondamentali di economia e di politica economica. Dal 1940 al 18 marzo 1968 impartì anche i corsi di economia generale e di economia politica e industriale presso il Politecnico di Milano; l’ultima sua lezione riguardò «la combinazione dei fattori produttivi».

Durante i suoi soggiorni di studio all’estero aveva conosciuto e frequentato molti economisti; continuò a coltivare questi legami, come testimoniano le lezioni che tenne in molte università europee (Parigi, Strasburgo, Nancy, Grenoble, Monaco di Baviera, Münster, Friburgo, Ginevra, Leida, Santander) e americane (Québec e Chicago). Negli anni 1949-50 ottenne un finanziamento dalla Rockefeller foundation (RF) per un lungo soggiorno statunitense, riguardo al quale è conservata una fitta corrispondenza tra Vito, Joseph H. Willits e Norman S. Buchanan (rispettivamente director e associate director for the social sciences della RF).

Se gli anni di guerra misero tra parentesi la possibilità di realizzare progetti, contribuirono però a creare alla Cattolica le risorse per l’apertura nel dopoguerra di nuovi fronti: Vito fu membro del comitato permanente dell’Istituto Toniolo, dal 1943 al 1945 fu prorettore e dal 1959 al 1965 rettore; fu anche impegnato direttamente per la fondazione della facoltà di Medicina a Roma; fu direttore dell’Istituto di scienze economiche, direttore (dal 1945) della «Rivista internazionale di scienze sociali», direttore della collana Problemi economici d’oggi, direttore (dal 1963) di «Studi di sociologia». Ricoprì inoltre la carica di presidente dell’Associazione italiana di scienze politiche, di consigliere della Società degli economisti nel primo triennio dalla sua fondazione (1951-54), di presidente del Comitato delle scienze sociali della commissione italiana dell’UNESCO; fu membro dell’Accademia nazionale dei Lincei, dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, dell’Accademia pugliese delle scienze e dell’Accademia mediterranea, organizzando in questi ambiti convegni nazionali e internazionali, e curando pubblicazioni scientifiche.

Fu membro di molte associazioni internazionali, tra cui la Federazione internazionale delle università cattoliche, l’International association of university professors di Londra (di cui fu anche presidente), l’Union internationale d’études sociales di Malines, l’Association internationale des universités; fu consigliere dal 1952 al 1967 e vicepresidente dal 1958 al 1964 dell’International political science association.

In ambito ecclesiale fu vicepresidente del comitato permanente delle Settimane sociali dei cattolici d’Italia; fu l’unico laico consultore della Pontificia commissione dei seminari e delle università degli studi per la preparazione del Concilio ecumenico vaticano II, e fu tra gli uditores laici del Concilio stesso; fu membro della Commissione pontificia per lo studio dei problemi della popolazione, della famiglia e della natalità e, per soli tre giorni, della Consulta dei laici per lo Stato della Città del Vaticano.

Fu nel 1959 tra i primi componenti del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), in rappresentanza del Comitato del credito e del risparmio; fu presidente del comitato scientifico del Comitato nazionale della produttività presso la Presidenza del consiglio dei ministri; fu insignito della medaglia d’oro dei Benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte. Dal 1953 fu consigliere del Credito italiano, dal 1954 vicepresidente (sotto la presidenza di Alfredo Pizzini) e poi presidente dal 1966.

Ma la formazione degli allievi e la solidità della Cattolica come istituzione furono sempre per lui obiettivi prioritari. Non pochi tra i suoi studenti si specializzarono all’estero e diventarono a loro volta docenti universitari.

Vito morì il 6 aprile 1968, durante una riunione del consiglio di amministrazione della Cattolica.

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