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Vincenzo De Luca

Gioco d’azzardo, il Decreto Dignità è il fallimento delle leggi regionali?


Caserta – Il Decreto Dignità segna un passaggio epocale nel settore del gioco d’azzardo. Mai lo Stato italiano era intervenuto in maniera così evidente sulla legislazione dell’industria, almeno dai tempi in cui aveva legalizzato l’online. Fino a un paio di mesi il compito di stabilire le leggi da applicare per il settore era affidato alle regioni e agli enti locali, che potevano decidere i provvedimenti per i cittadini. Un sistema che aveva l’inevitabile falla di non uniformare il regolamento, creando squilibri anche tra zone limitrofe. Il divieto totale alla pubblicità, che si estenderà a livello nazionale, segna quindi la fine di questa politica, o almeno un netto ridimensionamento. Certificandone il fallimento. (l’articolo che spiega come il proibizionismo favorisce il ritorno del gioco illegale)

Tre esempi diversi possono chiarire la difficoltà delle regioni nel produrre effetti positivi nella lotta al gioco d’azzardo. In Piemonte la limitazione degli orari delle sale scommesse ha portato un aumento delle scommesse illegali e avvicinato i giocatori agli internet point, utilizzati di fatto come casinò digitali. In questo modo cade anche la limitazione del distanziometro, che vietava la presenza di slot machine entro 500 metri dai luoghi sensibili. Di fatto questo riguarda il 98,5% del territorio della provincia di Torino. Gli scommettitori hanno quindi trovato un modo per risolvere il problema, affidandosi al digitale e all’illegale. Nessun risultato nel contrasto al gambling, una spinta a chi non paga regolarmente le tasse.

Una situazione simile si è verificata in Emilia-Romagna. Alcuni bar e circoli privati hanno pensato di nascondere macchinette nei retrobottega e nelle cantine, in modo da mettere su una serie di scommesse clandestine. Il timore di un ritorno al passato, con le scommesse limitate alle bettole e la tutela dei giocatori ridotta al minimo, è confermato dalla Guardia di Finanza, che si è occupata delle indagini. Spesso sono proprio gli scommettitori a organizzare delle bische, sfruttando locali in disuso.

Roma ha provato a intraprendere la propria battaglia alla diffusione del gambling con il divieto di accendere le macchinette da mezzogiorno alle 18 e dalle 23 alle 9 di mattina. Gli orari sono particolarmente sensibili soprattutto per i disoccupati, ma permettono ai lavoratori di puntare senza alcuna difficoltà rispetto alle loro abitudini. I controlli comunque sono decisamente blandi, favorendo di fatto chi non rispetta l’ordinanza rispetto all’ordinanza. Il timore dei cittadini è inoltre legato ai posti di lavoro, chiaramente in diminuzione per il potenziale minore afflusso di giocatori.

La Campania dal canto suo non è mai riuscita a proporre una legge unitaria in grado di provare ad arginare il problema. L’Osservatorio nazionale aveva bocciato il piano presentato a fine 2017, e da allora non ci sono stati grossi sviluppi. Il Movimento 5 Stelle della regione aveva già proposto una legislazione simile a quella poi applicata dallo Stato, e di fatto la Campania rimane una delle poche realtà locali in cui i provvedimenti applicati sono minimi. Non certo per l’assenza del problema del gambling compulsivo, trattandosi della regione del Sud Italia con il maggiore volume di gioco, la terza di tutta la nazione. In questo caso, ed è un evento più unico che raro, lo Stato è intervenuto prima degli enti locali.

Il video del M5S “Gioco d’azzardo: Italia prima in Europa a vietare pubblicità”

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