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ROCCAROMANA – “La via Francigena”, un progetto che meritava maggior presentazione

Roccaromana –  “Si è svolto a Roccaromana un incontro sul progetto, “La via Francigena”, finanziato dalla Comunità Economica Europea. Una riflessione, accompagnata da momenti musicali e di informazione su un progetto di “turismo sostenibile che possa giovare al futuro dei giovani e all’economia del territori”. Un progetto di tutto rispetto, quindi, per realizzare un prodotto turistico diverso, capace di coinvolgere l’intero territorio con previste ricadute significative, Uno sguardo alle bellezze storiche ed artistiche rivisitate per un turismo che coinvolga non solo pellegrini, ma anche famiglie, studenti ed operatori turistici, con potenziali ricadute importanti sul territorio per quanto riguarda le strutture ricettive, e con prospettive occupazionali e di sviluppo non indifferenti. E’ merito del professore Domenico Caiazza avere posto in risalto, attraverso i documenti rinvenuti, la presenza nel territorio roccaromanese dei sovrani franchi e essersi adoperato affinché il territorio potesse essere incluso in un percorso francigeno. Però, un progetto così importante, sulle cui potenzialità di coinvolgimento del territorio in una dinamica di sviluppo economico, e di prospettiva occupazionale per i giovani, nessuno dubita, meritava diversa presentazione e diverso percorso forse. Ed è un progetto che vede impegnato in prima fila il Comune di Roccaromana ed il suo Sindaco! Eppure, perché si è stati così sciatti? Se si crede in un progetto, al di là dagli ammiccamenti di rito, e al politichese “servizievole”, se veramente si ritiene che esso possa rappresentare un contributo significativo, vero, alla crescita del territorio, si sarebbe dovuto fare di tutto per presentarlo al meglio, a partire dalla location, per dare risalto a ciò che in esso può rappresentare un punto di forza, e coinvolgere i naturali partners che avrebbero potuto poi introdurre i risultati del progetto nelle attività che esso ha voluto esaltare, per favorire quella ricaduta, nei contesti, prevista e auspicabile, altrimenti tutto appare inutile e onanistico. Sembrerà strano, ma si aveva l’impressione che il progetto fosse morto nel momento stesso in cui era stato approvato e finanziato dalla CEE, come se quello che si faceva oramai doveva essere fatto per dovere di ufficio, quasi per giustificare, con la spesa documentata, il finanziamento ricevuto; per il resto nulla. Per amor del cielo, nulla da dire nei confronti delle professionalità presenti, né tanto meno sui giovani volenterosi e forse un po’ troppo strumentalmente coinvolti; ma l’odore che si respirava era come una sorta di ultima veglia al capezzale del morto, dopo lunga malattia. Per carità, non è che riuscire ad inserire in un percorso francigeno alcuni riferimenti storici del territorio sia cosa da poco, (ricerca, impegno e …) , ma non si percepiva alcun alito vitale, tale da dare vita organizzativa ai percorsi introdotti e farne contenuto per la ricaduta turistica e occupazionale prospettata. Al di là di ogni fraintendimento, e lungi da ogni polemica, l’esperienza ha mostrato che se nei progetti non c’è anche quel po’ di futuro immaginato, il progetto, il più bello, resta semplicemente un vuoto compiacimento e lascia sul terreno solo pericolose macerie e illusioni frustrate, come spesso accade nella “Sera del di di festa” quando “al festivo il giorno / volgar succede” Un giorno di festa non modifica nulla nella vita economica del territorio, nelle speranze dei suoi cittadini e dei suoi giovani. Ed infine, ma non per ultimo, senza nulla voler togliere alla sacralità del luogo, ma chi non si accorto che si respirava un odore acre di muffa, che dava l’impressione di essere entrati in un luogo di malattia lunga e perniciosa, che si coniugava brutalmente alla sensazione/stato d’animo percepito, di inutile e cadaverico che trasudava dall’insieme? Certamente quella non era la location più appropriata per il pubblico e per relatori e artisti che si sono spesi nel progetto Anche se, con sarcasmo, l’umidità diffusa, (sembrava che il pavimento fosse stato da poco liberato dalle acque che l’avevano allagato) e l’odore e il sapore di muffe forse saranno stati una scelta meditata per ricreare nel pubblico presente, col pensiero, le antiche dimore del tempo di Carlo Magno, e far rivivere quei tempi nelle realistiche condizioni di insalubrità pervasa dalla tubercolosi endemica e diffusa”.

nota di Alfredo Pappalardo

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