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Sparanise – Ladri in azione, rubata tela dalla chiesa di San Vitaliano

SPARANISE – Non si trova più la pregevole tela raffigurante la vecchia chiesa di San Vitaliano, dipinta dal maestro sparanisano Giovanni Ragozzino; la tela si trovava nella sacrestia della chiesa nei pressi della stazione ferroviaria a Sparanise. Oltre ad essa, nella stessa chiesa vi era anche una grande pala di altare raffigurante il santo, oggi sostituita da un’immagine fotocopia. La tela del Ragozzino, oltre ad essere di buona fattura, data l’importanza dell’autore, aveva anche valore storico in quanto raffigura la chiesa com’era prima del restauro: con un pronao davanti all’ingresso, in cortile recintato da un muro di tufo e con un portone d’ingresso ed una stradina laterale che portava in chiesa, parallela alla strada maestra.  Sulla tela del Ragozzino era raffigurato anche l’eremita Bellini, (così lo chiamavano) che, seduto su di una pietra, vigilava  la chiesa, dalla mattina alla sera.  Di essa, oggi c’é solo una riproduzione fatta dalla signora Maria Rosaria Mesolella nel 1970 . La signora Mesolella quando frequentava la chiesa, durante la terza media, ne aveva fatto una copia per suo uso ed ora la conserva in una stanza della propria abitazione a Calvi Risorta e la riportiamo in figura. Sarebbe interessante sapere dove si trova oggi questa tela e chi l’ha tolta dalla parete della sagrestia dove si trovava in passato e dove il pittore l’aveva lasciata.  Scomparsa comunque, non vuol dire necessariamente furto. Potrebbe essere stata anche tolta dalla sagrestia della chiesa di San Vitaliano, insieme alla pala di altare e poi potrebbe essere stata spostata in qualche altro posto, senza che  i fedeli o altri abbiano saputo dove si sarebbe potuta cercare in seguito. Una perdita dolorosa, non solo per la chiesa, molto amata dal pittore, ma anche per la comunità, dal momento che era un quadro di valore realizzato da un grande pittore. Giovanni Razozzino, infatti, nato a Sparanise il 28 agosto 1902 e morto il 30 settembre 1979 all’ospedale di Caserta, è stato uno dei più grandi intrerpreti impressionisti della pittura napoletana dell’Ottocento. Frequentò l’Accademia delle Belle Arti di Napoli e gli atelier del napoletani Guardascione, Irolli, Mancini e Magliaro. Prima della guerra si impiegò come disegnatore al pirotecnico di Capua. Dopo la guerra, a causa della sua vita di bohemien, conobbe anche il carcere, Aversa, la solitudine, l’incomprensione e la malattia.  Allesti mostre a Caserta, Napoli, Trieste, Roma,  Milano ed in tanti altri posti. Come i suoi predecessori impressionisti, amava dipingere dal vero, alla ricerca di sensazioni e suggestioni da imprimere sulla tela: la vecchierella al fuoco, la vecchierella che cuce, gli alberi in autunno, le barche vuote lasciate in mezzo al mare o da sole sulla sabbia, i volti delle persone, la donna sola, i casolari abbandonati, i buoi all’aratro, l’asinello al casolare, la foglia accartocciata ed il rivo strozzato che gorgoglia, (come diceva Montale) sono immagini del male di vivere che non ci danno nessuna spiegazione sulla necesità e la volontà di vivere. Sarà rimasto in dubbio fino alla morte,  quando volle essere seppellito a Sparanise, in una tomba di pietra grezza, scolpito senza scritte da lui stesso, come il ritratto che lo raffigura. Aveva tanto amato Sparanise,  le sue strade, i suoi paesaggi, i suoi casolari abbandonati, i volti dei suoi paesani che non lo aveva ai voluto lasciare fino alla morte.